Pur parlando di Pensioni, non ha mai citato la tanto chiacchierata riforma Fornero nelle aule di Palazzo Madama e di Montecitorio il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Del superamento della riforma pensioni del Governo Monti, varata nel 2011 con il sostegno della maggioranza parlamentare di larghe intese che andava dal Pd a Forza Italia, ha parlato invece il ministro dell’Interno Matteo Salvini che sul punto è in piena sinergia con il ministro del Lavoro Luigi Di Maio, quello che deve materialmente mettere mano al sistema previdenziale per predisporre i testi sulla quota 100, sulla proroga Opzione donna, sulla Quota 41 per i lavoratori precoci.
Governo Conte ottiene fiducia dal Parlamento, subito al lavoro sulle pensioni
Questa la strada già segnata nel contratto di governo in materia previdenziale. Il premier Conte, illustrando le dichiarazioni programmatiche in Parlamento, ha parlato anche di pensioni di cittadinanza e tagli assegni d’oro, considerando tali quelli superiori a cinquemila euro al mese (nella quota non garantita dai contributi pensionistici effettivamente versati). Un misura che farà molto discutere come è già successo nei mesi scorsi quando a ipotizzarla fu il capo politico del Movimento 5 stelle. Adesso il governo gialloverde è pronto a tutti gli effetti per predisporre le misure promesse in campagna elettorale e inserite nel contratto di governo M5s-Lega.
Dopo l’ok del Senato, oggi (6 giugno) l’esecutivo ha ottenuto la fiducia a Montecitorio con 350 consensi favorevoli, 236 contro e un 35 astenuti. Tensioni e polemiche in aula nel corso della discussione generale.
Pensioni, da Quota 100 a Opzione donna fino a tagli alle pensioni d’oro
Quando il premier Giuseppe Conte ha parlato del conflitto d’interessi a Montecitorio si sono registrate scintille; sul punto la reazione più dura è arrivata dagli scranni dei parlamentari del Partito democratico.
In particolare, è stato l’ex ministro alle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, a criticare il premier chiedendogli provocatoriamente di “non leggere la carta”, riferendosi al discorso scritto e letto in aula, e di “non essere un pupazzo”, riferendosi al ruolo determinante che nell’azione della presidenza del Consiglio avranno i due vicepremier e leader del Movimento 5 stelle e della Lega, rispettivamente Luigi Di Maio e Matteo Salvini, alleati di governo e avversi politici, come hanno più volte ribadito.
Schierati su fronti opposti alle elezioni amministrative dell’11 giugno 2018 e così sarà anche per le altre competizioni elettorali: Regionali, Europee e Politiche. Una situazione strana determinata dall’esito delle elezioni del 4 marzo scorso quando per la prima volta gli italiani sono stati chiamati alle urne con la nuova legge elettorale chiamata Rosatellum che non è stata in grado di consegnare al paese una maggioranza chiara e bene definita, da qui la necessita di costituire l’inedita alleanza tra Lega e Movimento 5 stelle.