Tra le ultime ipotesi di flessibilizzazione del comparto previdenziale tramite la quota 100 emerge anche un'opzione a partire dai 65 anni di età (con 35 anni di versamenti) al fianco dell'avvio della quota 41 per i lavoratori precoci, anche se non è chiaro se andrebbe a sostituire quella di partenza dai 62 anni anagrafici (con 38 anni di contribuzione). È quanto riporta la stampa specializzata, ricordando che lo scenario generale dovrebbe contemplare anche una misura in favore di chi ha iniziato in giovane età e si troverebbe penalizzato da un eventuale requisito anagrafico.

Si tratta proprio dell'ormai nota quota 41 o 41,5, della quale però nelle ultime settimane si sono perse progressivamente le tracce. Ma tra le ultime bozze di flessibilizzazione del sistema pensionistico pubblico sarebbe appunto emersa anche una ulteriore quota 100 dai 65 anni di età, uno scenario che avrebbe un impatto maggiormente conservativo sulla tenuta del bilancio. Del resto, la questione appare tutt'altro che di poco conto: il vero nodo da sciogliere nella formulazione dell'opzione da inserire in legge di bilancio 2019 resta infatti quello dei conti, visto che il pacchetto dei provvedimenti con il quale il Governo vuole avviare il cambiamento promesso agli elettori spazia dalle Pensioni anticipate al reddito di cittadinanza, fino all'abbattimento delle imposte tramite la nuova flat tax.

Uscite anticipate e quota 100: le proiezioni di costo sulla base del vincolo anagrafico

Se al momento lo schema più probabile resta quello di una quota 100 a partire dai 62 anni di età, le ultime proiezioni indicano che una regola di uscita con la maturazione dei 65 anni potrebbe coinvolgere fino a poco meno di 500mila lavoratori, che scenderebbero a 450mila qualora fosse posizionato un vincolo a partire dai 66 anni.

Al contrario, se il vincolo fosse abbassato ai ben noti 62 anni si potrebbe coinvolgere fino a 660mila lavoratori, ma i costi salirebbero enormemente (arrivando a toccare in questo caso decine di miliardi nel corso degli anni). È anche per questo che la vera battaglia si è ora spostata sul lato tecnico del meccanismo di anticipo.

Un provvedimento troppo timido rischia infatti di avere un costo elevato dal punto di vista politico per la nuova maggioranza, mentre una misura di flessibilità eccessivamente generosa potrebbe mettere in discussione la tenuta del sistema pensionistico nel lungo termine. Sulla base di questo presupposto, la soluzione di compromesso dovrà essere sufficientemente stabile dal punto di vista della fattibilità finanziaria, senza però apparire un tradimento del volere elettorale per chi ha deciso di esprimere il proprio voto proprio pensando ad un effettivo superamento della legge Fornero.