Il reddito di cittadinanza è sicuramente insieme alla quota 100 la misura più attesa della prossima Legge di Bilancio: secondo le stime e secondo un recente articolo con tanto di analisi del Corriere della Sera, la misura è attesa da una platea di circa 6 milioni di cittadini. L’importanza della misura, anche in relazione al numero dei potenziali beneficiari, è stata confermata anche dall’ultima nota di aggiornamento del Def, perché l’aver spuntato il 2,4% del deficit serve per coprire, tra le altre cose, proprio questo reddito di cittadinanza.

La misura dovrebbe davvero essere varata e poi partire dal prossimo aprile. Ma come funzionerebbe questo reddito di cittadinanza? Al momento siamo ancora nel campo delle ipotesi, ma si può già abbozzare una analisi sul suo funzionamento, essendo una di quelle misure su cui si regge l’esecutivo, con il M5S che ne è fermo sostenitore e con la Lega che monitora il tutto per evitare di rendere la misura strettamente assistenzialistica.

La soglia della povertà per accedere al reddito di cittadinanza

Sempre dalle pagine del Corriere, si ritorna a parlare di 780 euro come della soglia sotto la quale l’Istat considera un soggetto “povero”. Ed è proprio da 780 euro al mese che sembra indirizzarsi l’ipotesi di questo reddito di cittadinanza.

Naturalmente questi soldi sono intesi come per singola persona, perché un nucleo familiare composto da 4 persone, con i due genitori disoccupati, potrebbe spuntare oltre 1.600 come sussidio. Ancora non è chiaro se sarà l’indicatore Isee quello da utilizzare per stabilire la platea dei beneficiari, ma una cosa certa è che dalla Lega spingono per imporre un doppio requisito da centrare per rientrare nella misura: oltre a quello reddituale anche quello patrimoniale, ad esclusione probabilmente della casa di abitazione.

Un sussidio variabile

La parte economica del reddito di cittadinanza quindi, dovrebbe portare i beneficiari a percepire 780 euro al mese. Nel caso in cui alcuni soggetti detengano già redditi personali, ma inferiori a tale soglia, l’indennizzo dovrebbe essere della differenza tra 780 euro ed il proprio reddito. Il benefit quindi non sarà uguale per tutti, ma differenziato in base a determinati e personali fattori.

Per tutti i beneficiari però ci sarà da impegnarsi in un percorso di formazione, riqualificazione e reinserimento lavorativo e sociale.

Oltre alla partecipazione ai corsi ed ai progetti formativi personalizzati messi in piedi dai centri per l’impiego, i fruitori dell’incentivo dovrebbero svolgere almeno 8 ore settimanali di lavoro di pubblica utilità per il proprio Comune di residenza. La ricerca del lavoro deve essere continua e bisognerà valutare le eventuali tre proposte lavorative che la misura prevede vengano offerte al beneficiario del sussidio. Il rifiuto immotivato di tutte e tre le proposte che verranno fatte al percettore del sussidio porteranno alla decadenza del beneficio.

Il ruolo dei Centri per l'Impiego e il sistema dei pagamenti

I Centri per l’Impiego saranno gli organi destinati ad approntare tutto il meccanismo della misura, con la preparazione dei corsi e dei programmi differenziati a seconda della tipologia di beneficiario del reddito di cittadinanza. Questo uno dei punti che il governo deve sbrigarsi ad affrontare perché i centri per l’impiego, per stessa ammissione anche del vice premier Di Maio, vanno potenziati per permettere di lanciare questa grande misura. Altro tassello da risolvere è quello della modalità di spesa dei soldi del sussidio. Una app per smartphone o una tessera simile al bancomat dovrebbe essere lo strumento dove provvedere ai versamenti del sussidio e da utilizzare, da parte dei beneficiari, per spendere i soldi.

Si valuta di rendere questi soldi spendibili solo per determinati acquisti: il Corriere per esempio sottolinea come i soldi del benefit potrebbero essere spesi per acquistare un prodotto sanitario per il proprio figlio, tipo uno scalda biberon, e non il televisore di ultima generazione. La piattaforma digitalizzata che permetta di fare questo tipo di operazioni deve essere ancora approntata e questo, oltre alla riforma dei Centri per l'Impiego, appare l’ostacolo più arduo che il governo deve superare.