La Corte Costituzionale è tornata recentemente a pronunciarsi sul tema dei licenziamenti ingiusti. In particolare ha preso in considerazione il diritto riconosciuto al lavoratore ingiustamente licenziato di percepire un'indennità per aver subito il licenziamento che il Jobs Act, nel 2015, ha legato esclusivamente al criterio dell'anzianità di servizio. Criterio che il recente Decreto Dignità dell'attuale maggioranza M5S - Lega, come fa notare "Il Fatto Quotidiano.it", ha provveduto a rafforzare innalzando l'importo minimo e massimo della succitata indennità.
La decisione della Corte Costituzionale è stata presa lo scorso mese di settembre ed è contenuta nella sentenza n°194 depositata oggi 8 novembre 2018.
I criteri di cui tener conto per determinare l'indennità
La Consulta ha quindi chiarito che nella determinazione dell'indennità da corrispondere al lavoratore ingiustamente licenziato quello dell'anzianità di servizio è solo uno dei criteri di cui tenere conto. Nello specifico questa disamina deve essere effettuata dal giudice e, secondo la Corte Costituzionale, deve tenere conto di diversi fattori. Tra questi, sicuramente vanno ricompresi, ad esempio, il numero dei dipendenti occupati, ma anche le dimensioni dell'azienda e, infine, il comportamento delle parti e le reciproche condizioni.
Ovviamente, i giudici precisano che tali criteri di valutazione devono essere inseriti all'interno di una visione organica che tenga conto dell'evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti.
Le conseguenze sull'ordinamento giuridico
La prima e più importante conseguenza della sentenza n°194 della Consulta è quella di dichiarare incostituzionale sia quanto previsto nel 2015 nel Jobs Act relativamente al contratto a tutele crescenti, ma anche quanto disposto più recentemente dal Decreto Dignità.
Il punto discriminante, per la Consulta, è dato dalla eccessiva rigidità del meccanismo di quantificazione dell'indennità di licenziamento. Questa era stata parametrata a due mensilità dell'ultima retribuzione presa a riferimento per il calcolo del TFR. E questo criterio veniva applicato a tutti i lavoratori in maniera molto standardizzata.
Di conseguenza, per i Supremi Giudici, l'indennità di licenziamento verrebbe ad assomigliare ad una liquidazione del danno derivante dall'estromissione ingiustificata dal posto di lavoro a tempo indeterminato. Quindi, da come è stata strutturata, secondo i giudici, la disposizione normativa lederebbe il principio di uguaglianza poiché tratta allo stesso modo situazioni diverse tra loro. Mentre le cause che stanno dietro un licenziamento, anche se ingiusto, possono essere le più diverse e peculiari. Di conseguenza, lasciando inalterata la norma si verrebbe meno all'esigenza di tenere conto della personalizzazione del danno riferito al singolo lavoratore, cosa che è richiesta proprio dal rispetto del principio di uguaglianza.