In termini di domande presentate all’Inps, la quota 100 sembra stia riscuotendo un netto successo tra i lavoratori. L’appeal della nuova misura sembra addirittura superiore alle previsioni con una vera e propria fuga dal lavoro utilizzando il nuovo canale di uscita. Dai numeri dell’Inps sulle domande presentate per la quota 100 emergono interessanti informazioni sul profilo di soggetti che stanno richiedendo l’uscita dal lavoro. Per la stragrande maggioranza delle istanze fin qui presentate sono persone sopra i 63 anni ad essere maggiormente spinte verso quota 100.

Nonostante la misura possa essere richiesta già a 62 anni con 38 anni di contributi, questo profilo di lavoratori incide solo in misura pari all’1,9% dei potenziali neo pensionati con la nuova misura. La normativa vigente però offre diverse soluzioni per lasciare il lavoro prima dei 60 anni, sia con vecchie misure che con alcune novità. Basti pensare ad opzione donna ma anche alla quota 100 collegata ai fondi bilaterali.

La convenienza della misura confermata dai numeri

Pur non avendo penalizzazioni insite nella sua normativa, la quota 100 prevede assegno previdenziale inferiore a quello che un lavoratore avrebbe percepito aspettando le soglie Fornero. Questione di minor numero di contributi versati e meno favorevole coefficiente di trasformazione dei contributi in pensione.

Uscendo prima dal lavoro si percepisce meno di pensione perché si versano meno anni di contributi. Un principio non contestabile che vale per tutte le misure pensionistiche e che varrà anche per la tanto attesa quota 41 per tutti se davvero il governo Conte negli anni a venire varerà la misura. Una cosa è uscire dopo 42 anni e 10 mesi di lavoro ed un’altra è uscire con 41 anni di contributi.

Questo naturalmente vale anche con quota 100 e pertanto i 5 anni in meno di contributi che non andrebbero a versare coloro i quali lascerebbero il lavoro a 62 anni, incidono in maniera corposa sulla pensione e quindi sull’appeal della misura. Per questo dai dati Inps sono soprattutto over 63enni i lavoratori a richiedere la pensione anticipata con quota 100.

Infatti l’81,6% della platea dei potenziali beneficiari dell’anticipo ha già superato i 63 anni come confermano i dati dell’Ufficio parlamentare di bilancio alle audizioni presso la Camera dei Deputati.

Si può uscire anche ben prima dei 60 anni di età

Nel decretone del governo Conte che adesso sta ultimando la seconda lettura alla Camera, c’è anche la prestazione a carico dei fondi bilaterali che permette di sfruttare quota 100 anche 3 anni prima di compiere 62 anni. Si tratta di quella prestazione che viene pagata dall’azienda fino alla pensione dopo accordi tra sindacati e aziende stesse. A 59 anni di età e 35 di contributi si può lasciare il lavoro e per 3 anni il datore di lavoro tramite il fondo erogherà un assegno di importo pari alla pensione con quota 100 a questi lavoratori.

Il tutto per avviare il ricambio generazionale perché per ogni neo pensionato con questo scivolo è fatto obbligo all’azienda sostituirlo con un altro più giovane.

Una misura simile all’isopensione, anch’essa utilizzabile anche nel 2019. Prevista dalla riforma 2012, l’isopensione è stata potenziata per il biennio 2019-2020. Da 4 anni di anticipo massimo infatti si è passati a 7 e cioè l’esodo previsto anche in questo caso dopo accordi con le parti sociali, si può sfruttare già a 60 anni, cioè 7 anni prima di compiere i 67 anni previsti per la pensione di vecchiaia. Per le donne la pensione a 58 anni di età si centra con l’altra novità del governo, cioè opzione donna. Si può lasciare il lavoro con 35 anni di contributi e 58 anni di età se lavoratrici dipendenti o 59 anni di età se autonome ma con assegno calcolato con il meno favorevole sistema contributivo.

Per questo la misura viene chiamata anche pensione anticipata contributiva donna e nel 2019 si centrerà se età e contributi sono stati centrati entro il 31 dicembre 2019.

Prima dei 60 anni infine si può uscire con le Pensioni anticipate, sia la classica che quella per i precoci. Si tratta di misure che non prevedono limiti anagrafici ma solo contributivi. La pensione anticipata anche nel 2019 si centra con 42 anni e 10 mesi di lavoro se il richiedente è maschio e 41 anni e 10 mesi di contributi se si tratta di lavoratrice. Lo scivolo per i precoci è sempre lo stesso, cioè bastano 41 anni di contributi dei quali uno versato prima dei 19 anni di età. Per quota 41 però bisogna alternativamente aver terminato di percepire la Naspi da almeno 3 mesi, essere invalidi almeno al 74% di riduzione della capacità lavorativa, assistere familiari disabili da almeno 6 mesi (sempre con minimo il 74% di invalidità) o rientrare nelle 15 attività di lavoro gravoso previste.