Durante la campagna elettorale che ha portato al governo Lega e M5S le promesse per il reddito e la pensione di cittadinanza erano quelle di erogare 780 euro al mese a tutte le persone che vivevano al di sotto di tale limite che per l’Istat è la soglia della povertà. Anche nel contratto di governo le misure di contrasto alla povertà, sia quella generale del reddito di cittadinanza che quella destinata a over 67, partivano proprio da 780 euro. In questi giorni l’Inps ha iniziato ad erogare le prime ricariche sulle card che gli uffici postali hanno già provveduto a consegnare ai richiedenti le due misure.

Gli importi erogati però sono ben lontani dai soldi promessi, con molti soggetti che sono stati esclusi dalle misure o che si sono visti erogare solo poche decine di euro di benefit. I vincoli ed i paletti restrittivi che l’esecutivo ha inserito nelle due misure sono la causa di quella che si può definire una generale delusione, soprattutto per la pensione di cittadinanza. Un articolo del quotidiano laziale Il Messaggero, riportando i risultati di uno studio prodotto dalla UIL, mette in luce il fatto che molti pensionati single stanno ricevendo una integrazione del proprio reddito di soli 76 euro.

Lo studio della UIL

Numerose le lamentele e le segnalazioni di soggetti che lamentano la pochezza delle cifre ottenute con la pensione di cittadinanza in questi primi giorni di erogazione del beneficio.

In pratica, molti richiedenti reddito e pensione di cittadinanza adesso che hanno ricevuto le ricariche, si sono resi conto di aver ottenuto cifre ben distanti dai 780 euro promessi. Secondo lo studio della UIL, molte famiglie con soggetti di età pari o superiore a 67 anni, che rientrano nel perimetro di applicazione della pensione di cittadinanza, sono escluse dal beneficio.

Secondo il segretario confederale Proietti, la normativa della pensione di cittadinanza presenta una serie di vincoli e ristrettezze che lasca fuori molti pensionati dalla platea a cui la misura doveva essere inizialmente destinata. I pensionati che ricevevano assegni minimi che erano, nell’obiettivo originario della misura, i soggetti destinatari della stessa, oggi vengono esclusi perché la loro pensione minima o il loro assegno sociale, integrato già con le maggiorazioni sociali previste da sempre dall’Inps, superano i limiti rigidi imposti dal governo.

Basti pensare che per accedere ala pensione di cittadinanza il limite reddituale è di 7.560 euro per un single e di 9.360 euro per lo stesso soggetto che però risiede in una casa con contratto di locazione. Il single con casa di proprietà, che percepisce l’assegno sociale e non ha altri redditi, con tutte le integrazioni al trattamento minimo e le maggiorazioni sociali previste dall’ordinamento, riceve oggi un assegno di 553 euro al mese. Si tratta di un reddito annuo di 7.189 euro. Nel caso in cui questo pensionato single vivesse in una casa di proprietà, riceverebbe meno di 30 euro al mese di pensione di cittadinanza, perché la normativa prevede che il suo reddito venga portato da 7.189 euro annuale a 7.560 euro.

Molti gli esclusi nonostante siano pensionati con assegni bassi

L’analisi del sindacato di Proietti sottolinea anche che il reddito massimo per rientrare nella pensione di cittadinanza per una coppia di pensionati è di 10.584 euro annui con casa di proprietà e 13.104 euro con casa in fitto. Se entrambi percepiscono assegni da 553 euro cadauno (il minimo di cui parlavamo prima), tale famiglia sforerebbe questi pesanti e rigidi vincoli reddituali, rimanendo fuori dalla pensione di cittadinanza sia con casa di proprietà che in locazione. Una anomalia della misura che si affianca ad un’altra problematica che sempre lo studio della UIL ha messo in evidenza che è quella della sproporzione che la pensione di cittadinanza mette in campo tra un pensionato con assegno minimo figlio di anni di contribuzione versata ed un pensionato privo di contribuzione che riesce a rientrare nel beneficio dello strumento.

Un pensionato che riesca a portare il suo assegno previdenziale annuale a 9.360 euro grazie alla pensione di cittadinanza, ma che ha una pensione propria intorno agli 8.000 euro e quindi nella no tax area, otterrebbe un trattamento pensionistico del 6% superiore a chi la pensione da 9.360 euro annui l’ha conquistata dopo anni di lavoro. Infatti quest’ultimo dovrà pagare le relative tasse (Irpef), mentre il primo no, con due Pensioni nette annuali rispettivamente di 8.765 e 9.360 euro.