Partono ufficialmente oggi i primi assegni erogati dall'Inps in merito alle richieste di accesso flessibile alla pensione tramite la quota 100. Il primo aprile è infatti la data per la quale passano le prime 26mila liquidazioni legate al meccanismo di prepensionamento approvato in via iniziale lo scorso gennaio con un decreto legge del Governo ed entrato ufficialmente in vigore attraverso il recente passaggio parlamentare. Da sottolineare che con le prime erogazioni arrivano anche nuove statistiche in merito alle caratteristiche dei potenziali fruitori, dati che consentono di porre in essere un interessante spaccato sulla platea dei richiedenti.
Pensioni anticipate e Q100: l'analisi dei dati riguardanti le prime 26mila domande
Grazie all'arrivo delle prime liquidazioni è possibile finalmente avere dei dati certi non solo sulle domande inoltrate (che sono soggette a verifica e quindi ad un eventuale rifiuto), ma anche sugli assegni effettivamente erogati. Così, si scopre che circa il 45% delle Pensioni rientra in un range che va dalle 1000 € alle 1500 € euro lorde al mese, mentre un ulteriore 34% si spinge a toccare le 3mila € lorde al mese. Il livello degli importi (superiore alla media degli assegni erogati dall'Inps) riesce forse a spiegare perché molte persone hanno deciso di dare seguito alla quota 100 nonostante l'impossibilità di cumulare l'emolumento con ulteriori redditi da lavoro dipendente o autonomo, di fatto bloccando l'importo (salvo i normali adeguamenti all'inflazione) fino al raggiungimento dell'assegno di vecchiaia.
Il problema delle differenze di genere: pochi gli assegni erogati in favore delle donne
Se la situazione complessiva sembra quindi offrire un riscontro positivo dalle prime domande di accesso agevolato alla quota 100, permangono comunque i limiti emersi con l'analisi del primo flusso di domande verso l'Inps. Sono in particolare le donne a risultare penalizzate dai criteri di accesso al nuovo meccanismo di flessibilità, soprattutto per quanto concerne il criterio contributivo (38 anni di versamenti, da maturare assieme ad almeno 62 anni di età).
In questo senso, rispetto alle oltre 26mila pratiche per le quali è stato erogato un assegno dall'Inps, solo il 10,7% corrisponde ad assegni versati in favore del pubblico femminile. Un gender gap davvero importante e che mette in luce non solo i problemi insiti nel mercato del lavoro, ma anche il fatto che i riverberi delle differenze di genere continuano a prodursi inesorabilmente anche all'interno di opzioni pensate in modo specifico per superare la rigidità del comparto previdenziale.