Lasciare prima il lavoro e usufruire delle Pensioni anticipate nel 2022 potrebbe avere pesanti ripercussioni sul futuro assegno mensile a causa della quota sempre più maggioritaria del meccanismo contributivo. È lo scenario che interessa il 90% dei potenziali pensionati a partire dal prossimo anno ai quali l'assegno di pensione verrà calcolato in base a quanto versato: con i coefficienti di trasformazione che verranno rivisti ulteriormente al ribasso, usufruire di formule di pensionamento anticipato che consentano di uscire dai 62 anni di età, o ancor prima con l'opzione donna, potrebbe essere una mossa azzardata in vista degli anni in cui si vivrà di pensione, con l'aspettativa di vita che tornerà ad alzarsi una volta finita l'emergenza coronavirus.
E intanto arrivano ipotesi di riforma delle pensioni proprio in vista della fine della quota 100, prevista per il 31 dicembre prossimo, con misure che vanno verso la flessibilità in uscita per chi non voglia attendere la pensione di vecchiaia dei 67 anni.
Taglio pensioni Inps per il meccanismo contributivo: quanto si perde dal 2022
Secondo i calcoli dell'istituto Itinerari previdenziali, a partire dal 2022 nove nuovi pensionati Inps su dieci avranno la pensione calcolata per almeno il 65% con il meccanismo contributivo. Il che significa che andare in pensione a 62 anni, come avviene oggi in fase sperimentale con la quota 100, potrebbe comportare un taglio sul futuro assegno del 10% per tutta la durata della vita da pensionato, ovvero fino agli attuali 81 anni medi per gli uomini secondo le aspettative di vita e i circa 86 anni delle donne.
Proprio per le lavoratrici che scelgono di andare in pensione anticipata a 58-59 anni con l'opzione donna, il ricalcolo contributivo e le conseguenti penalizzazioni della misura comportano un assegno più basso per i successivi 27 anni di vita da pensionata. Se è vero che i dati sulla speranza di vita dovranno essere rivisti dall'Istat per le riduzioni dovute all'elevata mortalità da coronavirus riguardanti, al 95%, ultrasessantenni, è altrettanto auspicabile che dopo la pandemia la speranza di vita dovrebbe statisticamente tornare a crescere.
E i primi risultati sono attesi già dal 2023.
Pensioni con flessibilità in uscita: le ipotesi per il dopo quota 100 dal 2022
Nonostante i tagli alle pensioni previsti con la quota sempre più crescente del meccanismo contributivo, da più parti si auspica che la riforma delle pensioni possa andare nella direzione della flessibilità.
Il che equivale a dire che i lavoratori più prossimi all'uscita possano scegliere tra varie possibilità di pensionamento anticipato rinunciando a una quota di pensione futura. Negli ultimi nove anni, oltre 770 mila contribuenti hanno fatto ricorso alla pensione anticipata a 42 anni e 10 mesi di contributi oppure a una delle varie formule previste dalle ultime legislature per aggirare le rigide norme della riforma Fornero: le salvaguardie, la quota 41 dei precoci, l'Ape e l'opzione donna sono state le misure che maggiormente hanno attirato le attenzioni dei contribuenti prima e in contemporanea alla sperimentazione di quota 100. Con la fine di quest'ultima, le ipotesi sul tavolo di Mario Draghi vanno dall'innalzamento della quota di uscita a 64 anni (con 38 di contributi) a un ricalcolo dei contributi per fare in modo che si possa arrivare prima al traguardo della pensione, come il riconoscimento del bonus contributivo alle donne madri di otto mesi per ogni figlio fino a un massimo di due anni o all'anno validato ai caregiver o, ancora, ai lavoratori precoci con la maggiorazione del 25% dei contributi maturati tra i 17 e i 19 anni di età.
Pensioni con uscita anticipata a 62 anni o con 37 anni e 10 mesi di contributi: le agevolazioni 2021
Tuttavia, l'analisi di Itinerari previdenziali non prende in esame solo il post quota 100, ma anche le maggiori tutele pensionistiche da assicurare ai lavoratori con problemi di salute, ai familiari a carico da curare, a chi svolge lavori pesanti, in mobilità o ai precoci che attendono la quota 41. Tutte categorie, queste ultime, che rientrano, per la maggior parte dei casi, nell'attuale Ape social. La strada da percorrere includerebbe l'utilizzo e l'allargamento dei fondi di solidarietà, già impiegati nelle fasi più acute dell'emergenza Covid e attualmente previsti, nelle formule previdenziali, dai contratti di espansione che consentono il riconoscimento di assegni straordinari di sostegno al reddito nel quadro dei processi di agevolazione allo scivolo pensionistico dei lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dalla pensione di vecchiaia dei 67 anni o dalla pensione anticipata dei 42 anni e 10 mesi (41 e 10 mesi per le donne).
Attualmente possono uscire anticipatamente, fino a cinque anni prima, i lavoratori di aziende con almeno 250 dipendenti purché l'azienda sottoscriva l'accordo con i sindacati e il ministero del Lavoro. Tuttavia, l'allargamento a sempre maggiori settori e mansioni potrebbe includere, nei piani del governo Draghi, il commercio, l'artigianato, l'agricoltura e l'industria sul modello dei pensionamenti agevolati già adottati dai settori bancari e assicurativi che hanno consentito, finora, l'uscita di 80 mila lavoratori a 62 anni o con 37 anni di contributi.