Per la serie BlastingTalks approfondiamo il progetto SpesaSospesa.org intervistando Francesco Lasaponara, vice presidente Lab00 Onlus. Spesa Sospesa è un progetto di solidarietà circolare nato nel 2020 per sostenere persone in difficoltà. Grazie al progetto solidale le imprese possono donare i prodotti in eccedenza o in scadenza, ma anche venderli a prezzi sociali attraverso la piattaforma blockchain di Regusto contribuendo così alla lotta allo spreco e all’impatto ambientale. I privati possono contribuire con donazioni di denaro, che saranno destinate agli enti non profit nei Comuni che aderiscono all’iniziativa e utilizzati per l’acquisto di beni di prima necessità.

Blasting Talks è una serie d'interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali. Leggi le altre interviste della serie sul canale BlastingTalks Italia.

Partiamo dallidea alla base di SpesaSospesa.org: può raccontarci com’è nato il progetto e qual è stato il ruolo della pandemia nel vostro percorso di sviluppo?

L’idea nasce durante il mese di marzo 2020, quindi in pieno lockdown, da una telefonata tra me e il mio carissimo amico Davide Devenuto. Ci siamo sentiti e ci siamo confrontati su quello che per noi stava diventando inaccettabile.

Mi riferisco alle file fuori dalle mense dei poveri: si pensi a Pane quotidiano e alla Caritas. Ci siamo detti che dovevamo fare qualcosa insieme.

E quindi come vi siete mossi?

La nostra non voleva essere solamente una campagna di raccolta fondi, ma un’iniziativa più strutturale e impattante anche nel medio e lungo termine. Per questo motivo abbiamo cominciato a pensare a pezzi progettuali da mettere insieme in ottica di lungo termine.

Così è stato strutturato il progetto iniziale, allargando poi l’idea ad altri partner. In primis abbiamo coinvolto gli amici di Regusto (una start up innovativa nata nel 2016), che ci mette a disposizione una piattaforma blockchain per tracciare tutti gli scambi tra le aziende, le charity e le persone bisognose.

Quali sono le principali difficoltà che avete riscontrato e quali strategie avete attuato per superarle?

Una difficoltà iniziale che poi si è rivelata un punto di forza è stato il fatto di non esserci incontrati mai personalmente, se non dopo qualche mese dall’avvio del progetto. Questo ovviamente a livello di team. Il motivo è da ricondurre alla pandemia. L’iniziativa è nata su zoom, figlia del coronavirus. Un altro aspetto è che all’inizio siamo partiti con un approccio da start up del terzo settore. Il nostro percorso di crescita è stato tutt’altro che “convenzionale”: abbiamo fatto un pilot iniziale su Perugia, la prima città entrata nel nostro sistema dandoci il patrocinio, e da lì abbiamo poi raggiunto le principali città italiane.

E successivamente quali sfide avete dovuto affrontare?

Poi forse la difficoltà è stata di scalare l’attività velocemente e di avere a che fare con i Comuni.

All’inizio questo ci ha rallentato un po’, perché parlare con le amministrazioni e in generale con la PA in quel periodo era complicato. Alla fine abbiamo raggiunto un importante traguardo a Napoli, ottenendo il patrocinio da parte dell’amministrazione… e quindi questo secondo Comune ci ha dato la visibilità necessaria per poter poi arrivare a Milano, Alessandria, Roma e nelle altre località presso cui attualmente operiamo.

Cosa differenzia la vostra iniziativa rispetto alle classiche attività di colletta alimentare? Può farci degli esempi dei soggetti coinvolti e delle modalità operative?

Il carattere distintivo è la tecnologia blockchain di Regusto che permette di tracciare tutti i flussi che avvengono tra le aziende e le charity.

Quest’ultime usufruiscono delle donazioni o dell’acquisto di beni a un prezzo molto basso e poi completano la distribuzione dell’ultimo miglio alle persone bisognose. La piattaforma Regusto restituisce alle aziende anche degli indicatori di impatto sociale o ambientale.

Può spiegare meglio questo aspetto?

Nel primo caso, i dati sono forniti in termini di pasti equivalenti. Se un’azienda offre un bancale di banane, io lo trasformo in pasti equivalenti corrispondenti. Ma anche in termini d'indicatori d'impatto ambientale. Si pensi a quanta Co2 è stata risparmiata, oppure quanta acqua e quanto suolo è stato risparmiato considerando che quel bene non è stato sprecato, ma viene trasformato in risorsa utile.

Una risorsa utilizzata dalle charity in un percorso di economia circolare. Tutto questo viene gestito in maniera digitale attraverso la piattaforma blockchain di Regusto.

E qual è limpatto indiretto di questo processo?

Ovviamente gli indicatori che si generano sono messi a disposizione anche del Comune e del territorio partner. Si condivide così un importante strumento tecnologico a favore di tutto il sistema locale. Non ci sovrapponiamo ad altre situazioni che già funzionano. Alle aziende offriamo degli strumenti che permettono di preservare la propria relazione e di avere maggiore controllo, per ottenere un impatto più elevato dalle proprie donazioni.

In occasione della vostra partecipazione al Festival dello Sviluppo Sostenibile avete ricevuto un messaggio d'incoraggiamento anche dalla ministra per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti.

In questo senso, quali sono le vostre aspettative e richieste verso le istituzioni?

Penso che un processo di semplificazione potrebbe aiutare a velocizzare le pratiche del terzo settore e a renderle più impattanti. Alcuni passaggi sono ancora molto burocratici. Chiederei una maggiore apertura alla sperimentazione nella pubblica amministrazione. L’esempio è l’Earthshot Prize, il premio vinto a Londra dagli hub antispreco di Milano. Noi supportiamo uno dei tre hub coinvolti in questo premio. Si tratta di un modello ibrido di collaborazione tra istituzione, terzo settore e territorio. In questo senso, la pubblica amministrazione può veramente fare la differenza in questi processi.

Infine, dal vostro peculiare punto di osservazione, in che modo vi aspettate cambierà il terzo settore e il mondo della solidarietà nel medio e lungo termine?

La nuova rivoluzione digitale permetterà davvero un cambio di paradigma su queste tematiche?

Innanzitutto noi come ente del terzo settore stiamo seguendo la riforma del comparto, che ci permetterà anche di fare altre operazioni per finanziarci. Poi c’è un ulteriore aspetto. Il mondo della solidarietà ora gioca un ruolo fondamentale, perché si parla dappertutto di progetti di sostenibilità o di ESG (Environmental, Social and Governance), quindi tutte le aziende ora sono pronte a recepire progetti di impatto sociale - ambientale e hanno lo stesso glossario.

E per quanto riguarda la rivoluzione digitale?

È un aspetto molto importante e rappresenta un asset da cui non si può più prescindere, anche considerando le tematiche incluse nel PNRR.

Noi siamo focalizzati fondamentalmente su tre pillar: digitale, inclusione e transizione energetica. Ma siamo anche centrati su sette pillar dell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Siccome tante aziende, soprattutto le più grandi, sono focalizzate su questi aspetti, ci andiamo a incastrare perfettamente su alcune tematiche a loro comuni e care. Anche per questo sono molto fiducioso sul futuro, visto che tutti gli operatori coinvolti sono più ricettivi.