Il risultato che scaturisce dalle verifiche degli ispettori del Lavoro e dei carabinieri nelle aziende della Provincia di Lecce, sulle occupazioni giovanili, è da guinness dei primati, il 25% dei lavoratori censiti è pagato in nero. Il preoccupante fenomeno che supera la media dei casi registrati in Italia, è emerso soprattutto nel settore della movida, dall'inizio dell'anno.

E' proprio così, un lavoratore su quattro è pagato in maniera irregolare, senza alcuna forma contributiva e assicurativa, con grave danno alle casse erariali e previdenziali dello stato.

Le verifiche hanno interessato, particolarmente, la città di Lecce, pub ristoranti e locali notturni, e nel corso dei controlli effettuati, su 141 lavoratori, 33 risultavano non dichiarati e pagati in nero.

89 verifiche effettuate, dall'inizio dell'anno

Gli ispettori hanno compiuto 89 verifiche, nel corso delle quali, hanno riscontrato paghe veramente da fame per i lavoratori, alle prese con turni massacranti, senza alcuna tutela. Non è andata meglio nei controlli sulle aziende, alla periferia leccese, soprattutto nel settore metalmeccanico, legno e vetro. Sette i lavoratori senza alcuna copertura e, addirittura, è stata scovata una ditta non registrata su nessun documento della pubblica amministrazione.

In altri settori, come nell'agricoltura, la situazione è ancora più avvilente. Nel Sud Salento, quello che è una palese irregolarità sembra essere la norma. Tra i casi di maggior scalpore, due lavoratori bengalesi, senza permesso di soggiorno, al servizio di una coppia di imprenditori per 15 euro al giorno. Sono stati effettuati 12 provvedimenti di sospensione, dall'inizio dell'anno, in quanto gli imprenditori hanno superato il limite del 20% di lavoratori irregolari, rispetto a quelli regolarmente registrati e, conseguentemente, per le gravi violazioni sulla normativa vigente.

C'è anche il caso di un'impresa funebre che poteva contare su 10 dipendenti, sei dei quali non erano stati mai regolarizzati. Infine, due aziende di Nardò e Corigliano d'Otranto sono state sospese dalla loro attività perchè venivano utilizzati nove lavoratori completamente in nero.

Tale stato di cose, seppure inquadrabile, in un momento di grave crisi occupazionale, va ridimensionato in quanto consentirebbe, oltre al riconoscimento del lavoro come forma di garanzia e di tutela nei confronti del lavoratore, la riduzione di ogni azione sleale nei confronti di chi, regolarmente ed a costo di sacrifici, costituisce aziende nella piena legalità.

Insomma, il lavoro sommerso, senza tutela per i lavoratori, rappresenta una vera e propria piaga del territorio salentino, ed in minor misura della nostra nazione. Costituisce, infatti, un fattore negativo per la crescita dei servizi e dei finanziamenti pubblici, a scapito della collettività.