La causa principale della raccomandazione in Italia è che non esiste un effettivo giudizio di condanna. Per la maggior parte della popolazione è un modo di fare che funziona e addirittura è considerato con una sua valenza ed efficienza. Il sistema comincia con la nascita e si alimenta fino alla fine.

A confermare ciò alcuni studi portati avanti da un'antropologa americana, Dorothy Louise Zinn. Nel suo libro intitolato "La raccomandazione" viene spiegato, attraverso verifiche attuate sul campo, che già nel momento in cui un bambino italiano sta per nascere, la madre arrivata in ospedale, attraverso i suoi vari gradi di conoscenza, cerca di ottenere la stanza singola, le migliori attenzioni e la possibilità di tenere il fagotto tra le braccia più tempo rispetto alle altre madri.

L'individuo così cresce con un meccanismo mentale instaurato nella mente fin dal primo momento in cui è messo al mondo. Procedendo per tappe, un lungo elenco di eventi durante la nostra vita è portato ad essere determinato dalle conoscenze di ognuno, che andranno a fare la differenza; si tenta disperatamente di avere meno distanza possibile dal potente di turno per ottenere agevolazioni in qualsiasi campo: a scuola, all'università, nel lavoro, e così via.

La vita degli italiani è strettamente legata alla raccomandazione come se essa fosse una legge naturale, per la quale è giusto lottare. Minacce, estorsioni, imbrogli, corruzioni, sono la conseguenza di un sistema basato sul favoritismo, e quindi sulla disuguaglianza tra gli individui.

La raccomandazione in fin dei conti serve a creare una differenza, una linea di demarcazione tra "me e gli altri". Si vuol vivere sempre meglio delle altre persone; in parole povere vige la regola "mors tua vita mea".

Tutto questo mette in moto un processo che crea disparità e di conseguenza sfiducia nella neutralità. Oggi non conta più cosa si vuol fare, ma quante persone si conoscono.

E' come se la vita fosse diventata un allenamento a livello agonistico per il malcostume, la disuguaglianza dei diritti, il privilegio dei pochi.

La soluzione che può condurre al cambiamento esiste. E' necessario che si attui una rivoluzione nel modo di fare e di pensare del popolo italiano. Bisogna indignarsi di fronte al favoritismo, non permettere ai megalomani di turno di manipolarci a modo loro approfittando dei problemi altrui solo per ottenere consenso popolare.