Ho parlato recentemente dell'imbarazzo e dell'umore, due argomenti che hanno a che fare con quello di cui vi voglio scrivere oggi: il successo di Facebook. Conosciamo bene la portata mondiale di questo social network, lo conosciamo come le nostre tasche (o meglio crediamo di conoscerlo), sappiamo del suo rivale number one e cioè di Twitter, ma c'è ancora qualcosa da conoscere su questo fenomeno sociale.

Molti si sono pronunciati sul suo successo, sulle "onde" che ne hanno fatto un vero e proprio Tsunami e la maggior parte hanno dato credito alle capacità del suo fondatore e del suo team, alla moda, alla pubblicità. Pochi invece hanno creduto all'effetto promesso e provocato in tutti noi che siamo i suoi utenti.

Lasciando perdere la causa originaria con cui Facebook voleva farsi conoscere, e cioè quello di mantenere rapporti con persone a noi care ma distanti (che al massimo rappresenta una sola faccia della medaglia e forse anche meno), di cui avremo modo di affrontare la prossima volta, Facebook è un buon mezzo di comunicazione che ben si adatta al suo scopo nell'età dei figuranti, di cui parlava in una canzone Carapezza. 

In questo pezzo, il cantante pugliese critica il bisogno e la necessità di "apparire" per farsi notare in un certo modo, magari ben diverso dalla realtà, nella nostra società. Bene, Facebook è davvero quello che serve per riuscire nell'impresa.

Quotidianamente condividiamo foto, video, commenti strettamente personali ma con la coscienza ed il volere rendere i nostri contenuti si pubblici ma ad arte, in armonia col nostro stile e con la speranza di un feedback fedele alle nostre aspettative.

Siamo davvero convinti e consapevoli del potenziale di questo social network che ci ritorna utile per fare televisione, notizia e freestyle. Il successo di Facebook deve riconoscere e dare credito alla nostra ossessione di voler apparire a tutti i costi perchè in realtà, chi più e chi meno, ci aspettiamo un pubblico che ci ricambi con ammirazione ed interesse. Un'ossessione che nasce da una profonda, e a volte inconscia, insoddisfazione sociale che spesso ci fa sentire soli.