«Oggi non è certo il giorno del lieto fine, non si può essere felici con trentatré morti, il trentatreesimo nel gennaio di quest'anno. È tuttavia un giorno di ricordo delle vittime e di gratitudine verso gli abitanti del Giglio. Ho sentito il sindaco e nelle prossime settimane farò notare quanto il Giglio è un tesoro straordinario». Questo ha detto il premier Renzi al Porto di Genova Voltri, mentre la Costa Concordia attraccava. Ora, lasciando stare che questa gitarella a Genova del nostro premier, con famiglia annessa, ci verrà a costare un bel po' di migliaia di euro, diciamo che noi italiani siamo magnanimi e gliela paghiamo, vorrei che mi spiegasse la motivazione, il perché della sua presenza lì.
Per elogiare gli abitanti del Giglio? E perché, allora, durante tutto questo tempo, in quell'isola non c'è andato nemmeno una volta? L'elogio migliore, per quella splendida gente, non sarebbe stato vederlo lì? Perché telefonare oggi al sindaco per annunciargli che ci andrà ad agosto?
Non sarà che, come ormai è uso fare in quel partito, il Pd, si sale sul carro del vincitore solo a cose fatte? A partita vinta? Non sarà che aspettava di vedere la riuscita dell'attracco a Genova, per poi andarsi a prendere il merito? E, infatti, nell'intervista, Renzi pone l'accento sul significato di questo intervento «tutto italiano. Non è una conclusione, è un nuovo inizio. L'Italia è in grado di ripartire, non ci rassegniamo al declino», ha spiegato il presidente del Consiglio.
Eccolo lì! Meno male che lui ha preso le redini di questo paese! "Non ci rassegniamo al declino" non vi fa presupporre uno sforzo immane, al limite di strappi muscolari vari, del nostro premier? Ma non contento, e nemmeno capace di vedere il bieco opportunismo che sta mettendo in mostra, non pago di essere a Genova, per stare sotto i riflettori e prendersi meriti che non ha, ecco che continua: «I francesi devono fidarsi di noi, anzi devono farlo doppiamente, perché agli Champs-Elysées hanno una maglia gialla che profuma del tricolore giusto.
Chiamerò Hollande e gli dirò che non ha bisogno di essere preoccupato per come lavorano gli italiani, ma lui non lo è, perché lo sa come lavoriamo».
Ma vuoi vedere che, scava scava, Vincenzo Nibali, vincitore del Tour di France, è un parente del nostro premier? Vuoi vedere che, scava scava, ad allenarlo ai sacrifici, a spronarlo a diventare un ciclista, alla fine esce che sia stato il nostro premier?
Come mai non ha accolto, al rientro in Italia, la nazionale quando è tornata dal disastroso mondiale in Brasile? Nessuno di quei calciatori era stato allenato da lui al sacrificio? Nessuno di quei nazionali aveva avuto il suo insegnamento di "non rassegnarsi al destino"? Comunque, avere la faccia tosta di dire a Hollande di non preoccuparsi, dire all'Europa di stare tranquilla, dopo lo scandalo del Mose e quello dell'expo 2015, gli ultimi scandali di una lunga lista, francamente, mi sa di presa in giro. Specialmente se a dirlo è quello che, nonostante gli appalti truccati e le mazzette versate, rilascia un'intervista dove afferma che "non possono essere tolti gli appalti alle imprese indagate, poiché si fermerebbero i lavori e fallirebbe l'expo".
Io, fossi in Hollande, mi preoccuperei, e pure tanto invece! Diciamocela la verità, ha dimostrato di aver capito bene la politica italiana, ha dimostrato di aver capito che bisogna evitare di esserci quando le cose vanno male, specialmente se le cose vanno male per propria colpa. Anzi, a maggior ragione se le cose vanno male per le proprie scelte astruse, manipolando la verità e bombardando chi ascolta di parole inutili e, nel caso di qualche riuscita, qualsiasi, come un mesto corteo di una bara galleggiante o la vittoria di un ciclista, essere presente sotto i riflettori e, artatamente, prendersi il merito. Chi vi ricorda? Non avete una reminiscenza? Come di qualcuno già visto nel recente passato? Non vi sembra di essere tornati al milione di posti di lavoro e al contratto con gli italiani?