Sono più di vent'anni che in Italia, attraverso certa produzione libraria, esponenti di diversa estrazione culturale, attaccano la storiografia del Risorgimento Italiano. Una fase della nostra storia che l'opinione pubblica straniera dell'epoca definì il più grande avvenimento storico: dopo 15 secoli di ritardo l'Italia raggiungeva Unità, Indipendenza e Libertà. Una storia, la nostra, fatta da protagonisti animati da profondo spirito patriottico, ricca di eventi gloriosi, ingegno diplomatico, cospirazioni delle società segrete Carboneria e Giovine Italia, azioni di spionaggio e controspionaggio e, anche, di episodi mal gestiti, ma il tutto inquadrato nel contesto storico di quegli anni.

Ma i revisionisti danno interpretazioni contrarie. In opposizione alla Storiografia, definiscono gli eventi risorgimentali un falso storico scritto dai vincitori che, per occultare i loro veri obiettivi e le loro malefatte, avrebbero occultato la verità storica.

I revisionisti

Sono vari e hanno esposto la loro visione scrivendo libri sull'argomento. Esempi sono il giornalista Gigi Di Fiore, autore di vari saggi tra cui: "Controstoria dell'unità d'Italia-Fatti e misfatti del risorgimento". Poi abbiamo il giornalista Lorenzo del Boca, autore di "Indietro Savoia. Storia controcorrente del Risorgimento italiano" e ancora il giornalista Pino Aprile, che ha scritto "Terroni". Libri che declassano il Risorgimento, ritenuto un progetto negativo per aver fatto scomparire il Regno delle Due Sicilie, definito solido ed efficiente.

Secondo i revisionisti filoborbonici, tutti i mali che affliggono il Meridione sono stati causati dall'unità nazionale. La pensano così anche i revisionisti cattolici che, in difesa del Papa re, definiscono un'aggressione al diritto temporale l'abbattimento dello Stato Pontificio.

Difendono questa legittimità la professoressa Pellicciari, molto presente all'emittente cattolica Radio Maria e autrice di "L'altro Risorgimento" e " I panni sporchi dei Mille" e poi, il prof.

Viglione, autore di vari libri tra cui "1861. Le due Italie. Identità nazionale, unificazione, guerra civile". Dietro di loro ci sono diversi sostenitori, organizzati in gruppi e associazioni varie che, per definire sé stessi, utilizzano nomi che si rifanno all'epoca passata: neo-borbonici, duosicilioti, briganti, legittimisti e neo-pontifici.

Sono una minoranza esigua, ma molto rumorosa, grazie all'utilizzo del web e dei social network.

Un esempio è il sito dell'associazione dei neoborbonici che ha nel suo presidente, Gennaro De Crescenzo, il suo massimo rappresentante, autore di vari testi tra i quali uno dal titolo inequivocabile del suo pensiero: "Contro Garibaldi. Appunti per demolire il mito di un nemico del Sud". Il loro revisionismo è costruito sulla tesi del complotto massonico delle potenze europee e del Regno Sabaudo ai danni del Regno delle due Sicilie, per motivi economici e per il controllo del Mediterraneo e, ai danni dello Stato Pontificio, per avvantaggiare l'egemonia del pensiero liberal-protestante. Altri argomenti sono l'accusa di razzismo al Lombroso, un presunto genocidio da 1mln di morti per la guerra ai briganti chiamati partigiani, un ipotetico sterminio di 40mila ex-soldati borbonici nel forte di Fenestrelle, tangenti, tradimenti, ascari, complicità di mafia e camorra e altro.

Ma c'è qualcosa di vero? Ci fu un complotto massonico? Esisteva un Regno delle Due Sicilie felice e funzionale? O è solo l'ultima mistico-fantasia? (continua nella seconda parte: "Storia e anti-storia, impresa dei Mille: per i revisionisti tutto andò diversamente" ).