Una cosa deve essere chiara a tutti: la vicenda dei marò è uno scontro diplomatico, non un processo giudiziario. E in uno scontro dipomatico nessuna delle parti in gioco ha interesse nel garantire la verità dei fatti. Nata e cresciuta male dall'inizio, la crisi diplomatica tra Italia e India, alla quale non si è subito deciso di mettere fine ricorrendo alle istituzioni sovranazionali, si è mandata avanti nella speranza che il caso si risolvesse in poco tempo e che entrambe le parti ne uscissero d'accordo.

E' questo è stato un grosso sbaglio.

Non dimentichiamoci infatti che, a prescindere dal fatto che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone siano colpevoli o meno, l'omicidio dei due pescatori per cui i due sono trattenuti in attesa di processo è avvenuto in acque internazionali e l'India non aveva nessuna prerogativa per fermare i marò ed affidare le indagini alla giustizia indiana, come subito fece, attirando tra l'altro (e non dimentichiamocelo) con l'inganno la nave Enrica Lexie, dove i due fucilieri della Marina Militare prestavano servizio antipirateria, convincendo il capitano ad attraccare con la scusa di riconoscere dei sospetti pirati, quando invece le intenzioni erano ben altre.

Poi è arrivata la presunzione indiana, e l'apparente infallibilità della sua giustizia, che per una vicenda così importante come quella che ha coinvolto i due marò sembra voler torturare psicologicamente ancora di più i nostri militari facendo aspettare tempi biblici per un processo che avrebbe potuto avere tempi di preparazione più rapidi.



Ma come può avere esito positivo una vicenda dove ognuno ha la propria versione? Come si può essere così inetti da affidare nostri due connazionali ad un Paese la cui giustizia (perartro arcaica, in quanto l'India usa ancora la pena di morte ed è ben lontana da ragionamenti quali che furono quelli di Cesare Beccaria) pretende di viaggiare con i paraocchi e con scarsa umiltà e disponibilità a veder chiarito il fatto in ambito internazionale?



Adesso uno dei marò, Massimiliano Latorre, dovrà ritornare in India il 13 gennaio, dopo aver trascorso un periodo di riabilitazione seguito all'ictus che lo ha colpito a settembre. Forse però andrebbe fatta una considerazione diversa. Questi due nostri militari sono rimasti due anni dove non dovevano stare, prigionieri di una giustizia che non li rappresenta e molto probabilmente non sono neanche colpevoli. Facciamogli un regalo di Natale e anzichè rispedire Latorre, andiamoci a prendere anche Girone. Se non ci pensiamo noi a loro, non ci penserà nessun altro.