Arrivato nelle sale italiane il 22 Ottobre scorso, “Crimson Peak” sembrava il film perfetto per Halloween: storie di fantasmi, orrore, torbidi intrecci familiari, l’ombra di morti violente, un cast stellare e la regia di Guillermo del Toro, regista visionario che poteva assicurare al film una marcia in più rispetto ai soliti horror hollywoodiani.Peccato che il film non abbia mai ingranato nemmeno la prima marcia.

Un disordinato minestrone di generi

Arrivati alla fine di Crimson Peak ci si accorge di molte cose. Innanzitutto che questo film è una commistione di generi, un minestrone di tante suggestioni differenti, che pretende di essere tutto, ma finisce per non trasmettere davvero nulla.

Tutta la trama sembra un’unica, immensa presentazione di personaggi e di fatti, mentre lo spettatore attende uno sviluppo che non arriva mai davvero.

Cos’è Crimson Peak? Un horror? Un film in costume? Un harmony gotico dalle tinte fosche? Una storia onirica? Il racconto di una decadenza familiare simile a “Il crollo della casa degli Usher”? Non è mai davvero chiaro. Esattamente come la sua protagonista, una Mia Wasikowska tutt’altro che in forma, costretta in un ruolo che riesce a raccattare ogni cliché più abusato sulla ragazza ribelle, che prima si rivolta contro ogni convenzione sociale e poi vi ricade dentro con tutti i panni.

È vero che il protagonista può anche essere soltanto un mezzo per introdurre lo spettatore alla vera storia, ma di questa vera storia non vi è l’ombra.

È tutto molto confuso e sfocato: non si capisce quale sia il vero scopo dei personaggi. Si paventa un nebuloso tentativo da parte del baronetto sir Thomas Sharpe – un sempre ottimo ma poco convinto Tom Hiddleston – di ridare lustro alla sua casata; si accenna alle ossessioni divoranti e malate di sua sorella Lucille di non separarsi mai da lui; c’è il dottore Alan, impreciso deus ex machina che arriva al momento giusto, ma fa tutte le cose sbagliate.

C’è un libro, che la protagonista Edith dovrebbe voler scrivere all’inizio del film, che ogni tanto viene sventolato davanti alla telecamera, ma poi sparisce e non si sa cosa dovrebbe significare: i sogni infranti della protagonista? Che al termine di questa avventura ne ricaverà una buona storia? Non si capisce perché il finale arriva così improvviso che ci si alza dalla poltrona disorientati, chiedendosi: “E quindi?”.

Se Del Toro si adagia sugli allori

“Questo libro è così pieno di inutili sentimentalismi. Voi non conoscete il dolore della perdita, raccontate usando frasi di altri, non sapete cos’è la vita vera” esclama, pressappoco in questi termini, il baronetto Thomas Sharpe, rivolgendo la più aspra delle critiche alla giovane Edith, che gli aveva affidato il suo manoscritto da leggere. È una delle scene più sentite e veraci del film, forse perché sembra che Tom Hiddleston esca dal suo personaggio per criticare questa stessa sceneggiatura: una storia d’amore molto forzata, un riciclo di abusati cliché, personaggi di contorno piatti come carta velina, buchi di trama e pochissima sostanza.

C’è però qualcosa di bello in modo decadente in Crimson Peak: è l’ambientazione della villa a offrire le immagini più suggestive, gli abiti che indossano Edith e Lucille, spunti rari, qui e là, che promettono una trama complessa ma si esauriscono quasi subito, appiattendosi in superficie.Sono difetti di incompletezza perdonabili in un’opera prima.

Tuttavia Crimson Peak non è un’opera prima. Guillermo del Toro è un regista affermato, per questo delude doppiamente. Tutto sembra ruotare attorno al bel Thomas Sharpe: così buono, così tormentato, aspetta di essere salvato dall’amore della più pura delle fanciulle e si rivela il cliché più grande di questa storia, rispecchiando perfettamente il protagonista del libro mai pubblicato di Edith, tanto desecrato da lui stesso all’ inizio del film.Tutto si rivela troppo costruito e superficiale per un Guillermo del Toro che è visionario, sì, ma incapace di dare corpo alle sue visioni.