Al presidente Obama, certo che il mondo voglia un’Europa unita, quest'ultimasembra rispondere con il senso di responsabilità degli orchestrali quando il direttore dà un paio di colpi di bacchetta: pronti a cominciare. Almeno per quanto riguarda la questione migranti, però, c’è la consapevolezza di muoversi sul confine del fraintendimento.
Tutto è partito dall’Italia, che ha inviato all’UE una proposta per controllare i flussi migratori in cui si chiarisce che non si possono chiudere i confini, né affondare i barconi, ma neppure accogliere un milione di profughi l’anno, perciò l’unica soluzione è che queste persone non sentano più il bisogno di scappare dai paesi di origine.
Aiutiamoli a casa loro, in sintesi, con un piano strutturato, ragionato e condiviso. Non di meno, aiutiamoli a casa loro.
Europa unita:niente migranti
Juncker ha ringraziato l’Italia per il contributo, gli organi UE sono già al lavoro, francesi, tedeschi e spagnoli sono d’accordo sul principio, meno sulla concretizzazione, ma è una questione che sembra potersi risolvere. Più unita di così, l’Europa, al momento proprio non si può, l’importante è risolvere la crisi dei migranti. Risolvere, in questo caso, significa non doverne parlare più, forse perché si è arrivati alla conclusione che noi, queste persone, non riusciamo a comprenderle. Fuggono dalla guerra o dalla povertà? O sono solo alla ricerca di una vita migliore?
Un anno fa, LauraBoldrini, parlando a Reggio Emilia in occasione del 25 aprile, paragonòi profughi siriani ai partigiani che combatterono il nazismo. Qualcuno storse il naso.
Il partigiano combatte in patria, infatti, e può darsi che alla figlia debba inviare un’ultima lettera scrivendo, come fece il trentaseienne Paolo Braccini viterbese: “sarò fucilato all’alba per un ideale, per una fede che tu, figlia mia, un giorno capirai appieno”.
Profugo, invece, è un termine che indica chi dalla patria fugge.
Partigiani e profughi che fanno la storia
Non solo i partigiani, però, anche i profughi hanno fatto la storia. Nel loro piccolo anche qualcosa in più.Un profugo famoso, ad esempio, fuggì dall’odierna Turchia e viaggiò fino allecoste italiane. La sua discendenza si occupò di fondare una città minore, Alba Longa, e una non minore, cioè Roma.
Il nome del profugo era Enea. Un altro profugo famoso arrivava invece dal Medio Oriente. Pescatore, in origine, ebbe il destinodi imbattersi in un predicatore del suo tempo, i cui insegnamenti decise di seguire. Divenne capo di una ristretta cerchia di fedeli ad una nuova religione e viaggiò fino a Roma, dove finì crocifisso. Si chiamava Simone, meglio noto come Pietro.
Una storia più recente è quella di Abdulfattah Jandali, un siriano emigrato negli Usa destinato a diventare professore di scienze politiche. Storia troppo comune? Sì, non fosse che il figlio naturale di Jandali, cresciuto da genitori americani, si chiamava Steve Jobs. Profugo fu anche Dante Alighieri, che la sua patria non rivide più percirca vent’anni, fino alla morte, mentre esule per eccellenza fu un altro poeta, Ugo Foscolo, destinato a fuggire, come si sa, “di gente in gente” per tutta la vita.
Altri tempi, altra storia, si potrebbe dire, e una buona dose di mito. Non si avrebbero tutti i torti. Di certo, la storia attuale dice che l’Europa sembra aver scelto di richiudersi, aiutando i profughi a casa loro e badando più di tutto alla sicurezza della propria popolazione. Allora l’importante, a questo punto, è evitare di fare la fine del protagonista della Tana, il racconto di Kafka in cui il protagonista si costruisce una dimora fatta di labirinti impossibili e finisce per passare tutto il suo tempo a vigilare sull’unica entrata, pronto a respingere un nemico che non ha mai visto. Ma non c'è pericolo, questa è solo letteratura.