Che la Clinton piaccia o meno, martedì in America è stata scritta una pagina di storia. Alla Convention nazionale democratica di Filadelfia, distante solo qualche chilometro dalla Indipendence Hall dove è nata la nazione americana, Hilary Clinton è stata ufficialmente designata come candidata alla Casa Bianca; la prima donna in corsa per il titolo di POTUS. Per la mole di sviolinate che hanno accompagnato i discorsi della Clinton e marito, è sembrato di assistere ad un concerto di violini scordati.

La Convention democratica si è aperta con un filmato in cui sono stati mostrati i volti, maschili, dei 44 presidenti del passato.

Una mossa guidata dal femminismo più cieco e becero. Partendo da qui, la Clinton ha detto che potrà anche essere la prima donna presidente degli Stati Uniti, ma “la prossima sarai tu che mi stai guardando da casa”, ha detto riferendosi alla schiera di giovani donne affamate di potere e bramose di un loro spazio nella storia che la guardavano sedute sul divano di casa.

A questo punto Bill Clinton ha preso in mano il microfono e, di fatto, la possibilità della candidatura alla Casa Bianca della moglie. Neanche a dirlo, il caso Lewinski non è stato lontanamente menzionato. Invece, ha cominciato un viaggio a ritroso che di solito si addice più a dei nonni che vogliono raccontare ai propri nipoti la loro storia d’amore, piuttosto che a figure che dovrebbero parlare di tutt’altro, visto la situazione in cui versa il nostro pianeta.

Ha raccontato del loro primo incontro, di una ragazza occhialuta ma già decisa e ferma, di una giovane donna da sempre vicina ai problemi sociali, sempre disponibile per aiutare i bisognosi. Sono discorsi che toccano le corde della maggior parte degli animi dei cittadini del mondo, ma in America c’è sempre stato un attaccamento particolare alle chiacchere da ‘pranzo di famiglia’.

Anche se forse non basteranno questa volta. I seguaci di Bernie Sanders, nonostante lui abbia espresso pieno appoggio alla Clinton, sono lontani dal far convergere i loro voti verso Hilary. Trump dal canto suo si trova in una posizione privilegiata, per quanto non sembri. Perché anche se dall’inizio della corsa presidenziale è stato dipinto come l’incarnazione del male, lui dalla parte sua può muovere una critica all’aspirante prima donna presidente degli U.S.A.

che difficilmente può non esser condivisa.

In effetti la Clinton, come ha sottolineato Trump, rappresenta a tutti gli effetti lo ‘status quo’, l’individuo che racchiude in sé i desideri delle élite (basti pensare ai 600 milioni e più versati da Goldman Sachs per le campagne di Hilary Clinton). D’altra parte è difficile dimenticare il caos che gli Stati Uniti hanno creato in Medio Oriente, dalla Libia di Gheddafi all’Iraq di Saddam Hussein, dai rapporti con l’Arabia Saudita (da cui la Clinton riceve fondi senza sosta) e il Qatar, fino ad arrivare ad oggi con la relazione quantomeno ambigua con la Turchia di Erdogan e alla distruzione di quel bellissimo paese che era la Siria. La Clinton rappresenta inevitabilmente un’epoca che ha visto l’America portare caos e distruzione in tutto il mondo; inoltre, se si pensa a quella che potrebbe essere la sua politica nei confronti della Russia, saremmo con ogni probabilità inermi testimoni di un’ulteriore escalation di tensione e violenza globale.

Bill Clinton ha chiuso il suo discorso con queste parole: “Spero che voterete Hilary, i vostri bambini e nipoti vi ringrazieranno e benediranno per sempre se lo farete.” Eppure oggi in America i sondaggi danno in vantaggio Donald Trump. Forse la maschera democratica della donna che si batte per i diritti dei meno fortunati e delle donne comincia a scivolare dal volto di Hilary Clinton.