L'Occidente continua a mettere in scena la strumentalizzazione ideologica mentre l'Islam, con l'ambivalenza dei suoi "é consigliato, ma non è obbligatorio" - che richiama una precarietà in attesa di un punto fisso - lo confonde per conquistarlo.

E' questa la "furbizia orientale" alla quale fece riferimento un Giudice durante un celebre processo?

Il pronunciamento di appena due giorni fa del Consiglio di Stato Francese ha stigmatizzato come violazione della Libertà individuale il divieto di indossare il burkini in spiaggia, non costituendo l'uso dell'indumento in sé un pericolo per l'ordine pubblico.

Ciò dovrebbe significare che le ragioni della Libertà individuale prevalgono anche su quelle della Laicità, per quanto questa possa rappresentare un forte riferimento della Republique Francaise.

C'è da aggiungere che gli unici indumenti, tra quelli noti, che effettivamente potrebbero costituire un serio problema di sicurezza sono il niqab e il burqa in quanto coprono l'intero corpo della donna, viso compreso, impedendone il riconoscimento, come, a giusta ragione, hanno rilevato i Tedeschi vietandoli in ogni occasione.

Francia, lo scontro più che logico sembra ideologico.

Se le posizioni del Premier Francese Valls contro l'uso del burkini, tradotte in un attentato all'igiene e alla laicità dello Stato, appaiono , a dir poco, stravaganti, basate come sono su presupposti ideologici secondo i quali l'indumento rappresenterebbe "l'affermazione dell'Islam politico nei luoghi pubblici", ancor più partigiana sembra essere la sentenza del Consiglio di Stato Francese che si è pronunciato, guarda caso, sul provvedimento di Lionnel Luca, Sindaco di Villeneuve-Loubet, deputato del centro-destra, quando i Comuni della Costa Azzurra che hanno bandito il burkini sono più di trenta.

Discussione illogica quanto inutile perché il burkini non è un indumento della tradizione Islamica. Jilbab e Khimar.

La strumentalizzazione ideologica è ancora più evidente e grottesca se si tiene conto che nella tradizione musulmana il burkini non è proprio contemplato.

Al limite il suo utilizzo è un escamotage (ipocrita o necessario?) usato dalla donna musulmana che vive in Occidente per recarsi in spiaggia.

Sì, perché a voler essere precisi, la tradizione dettata dai giuristi musulmani vuole che il corpo della donna sia coperto con un velo pesante (non trasparente), non profumato, ampio, privo di segni frivoli, tra i quali il colore, capace di coprire tutto il corpo, dal capo alle stremità inferiori, lasciando intravedere solo il viso (Jilbab o velo Islamico).

All'interno del mondo musulmano c'è una diatriba in proposito, dovuta alla traduzione del termine "khimar", usato in una delle sure del Corano.

Il termine infatti significherebbe" velo che copre il capo e la faccia della donna", oppure "velo o scialle che lascia scoperti solo gli occhi".

Il problema che si pone è che il burkini è di tessuto elastomerico ( lo stesso usato per produrre i costumi da bagno delle donne) che lo rende aderente evidenziando, soprattutto se bagnato, le forme del corpo.Inoltre è spesso colorato e, i leggings, lo rendono simile all'indumento maschile (i pantaloni) e a quello delle miscredenti e delle cristiane occidentali.Il burkini, per conseguenza, è rifiutato nell'uso proprio dalle donne musulmane di fede ortodossa.

Tutto questo rende assurda e ridicola qualsiasi considerazione in merito, unica eccezione per le valutazioni, attente e concrete, fatte dalle donne Occidentali sul tema, secondo le quali le differenze, per esempio, tra jilbab e khimar sono vanificate dalla considerazione che hanno della loro visibilità, intesa come diritto naturale, dell'uso del bichini, che equivale ad una conquista, del profumo, come ricercato piacere dei sensi e dell'uso che fanno del colore, coincidente con una scelta strettamente individuale.

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