Hillary Diane Rodham Clinton esce politicamente devastata dalle recenti presidenziali Usa. Perdere le elezioni fa parte del gioco democratico, perderle in questo modo significa scadere in una vera e propria debacle.

Cosa è andato storto?

Vincere contro Donald Trump era considerato un compito facile, alla portata di candidati ben meno importanti dell'ex Segretario di Stato. Ma nulla è andato come previsto dalla quasi totalità degli osservatori o dei supposti esperti di sondaggi.

Nessuno o quasi sembra aver preso sul serio Trump e per questo nessuno tra chi ha analizzato gli umori degli elettori sembra essersi chiesto se i successi dell'amministrazione Obama fossero artefatti come il Nobel vinto dall'ex presidente, se una campagna elettorale svolta nei college della Florida e volta a convincere chi era già convinto sia stata una scelta oculata, se il condiviso impoverimento della classe media potesse essere messo in secondo piano rispetto al supporto di artisti a volte impresentabili, se i fallimenti della politica estera di matrice democratica (Siria, Libia, Russia) avessero minato le basi di una vittoria così certa.

Hillary si è rivolta alle minoranze senza però conquistarle del tutto, come nel caso degli ispanici. Ha così però trascurato le maggioranze, il cui peso elettorale si è fatto sentire.

La Clinton ha finito per pagare il troppo appoggio, il killeraggio mediatico contro il suo avversario, i troppi opportunisti saliti sul carro che credevano vincitore. Sarebbe lecito domandarsi quanti elettori abbia perso quando la sessantenne Madonna prometteva rapporti orali a chi votasse contro il misogeno Trump.

La stessa stampa USA a tratti è scaduta nel ridicolo, dando voce a sconosciute dalla dubbia sincerità che giuravano di aver schivato un bacio del giovane Donald durante un party vecchio di trent'anni.

La prima vittima di questa saga del grottesco è stata proprio la candidata democratica e alla fine è stata solo la Clinton che ha fermato se stessa.

Cosa accadrà con Trump?

Il sistema politico USA è ben bilanciato, ha i suoi anticorpi rispetto a eventuali atti sconsiderati del presidente di turno e lo stesso partito repubblicano che a tratti ha sostenuto più la Clinton che non il suo candidato non perdonerà passi falsi del neo-presidente.

Non vedremo Trump giocare con un mappando imitando il geniale Charlie Chaplin e probabilmente il nuovo presidente non stravolgerà la vita o la politica USA o delle restanti nazioni. Darà la propria impronta, ma in fondo si va alle elezioni proprio per questo: per scegliere il proprio candidato e permettere che possa portare avanti la propria politica.

E la democrazia insegna che non si ripetono le elezioni finché non vince il candidato ritenuto più adatto dalle élite del pensiero dominante o dall'ennesima mobilitazione di qualche associazione per i diritti civili. La lezione ultima di queste elezioni sembra quindi rinverdire l'importanza della famosa "maggioranza silenziosa".