Il conflitto sirianoin questi 4 anni ha visto confrontarsi sul campo diversi schieramenti militari: truppe fedeli al presidenteBaššār al-Asad, islamisti più o meno radicali e legati al terrorismo (dai quedaisti delFronte al-Nusra fino allo Stato Islamico passando per numerose altre piccole sigle spesso in lotta tra loro), miliziani iraniani e turcomanni, curdi e da ultimi i militari russi inviati dal presidente Putin nella sua strategia di rafforzamento politico e militare in questa area.

La Turchiaera rimasta ufficialmente neutrale rispetto alle forze in campo ma da più parti, anche in ambito NATO, era stata accusata di una certa connivenza con l'ISIS, di nonimpedirne il contrabbando di petrolio attraverso i suoi confini e di rifornire i suoi militanti di armamenti.

Queste accuse, sempre respinte dal governo turco, hanno avuto come sfondo la tradizionale ostilità che la nazione retta daErdoğan ha con l'Iran, alleata della Siriaa differenza di Ankara, e la recente crisi di relazioni con la Russia culminata con l'abbattimento di un loro velivolo militare da parte dell'aviazione turca nello scorso novembre.

Soprattutto però al centro delle attenzioni di Ankara vi sono sempre stati i curdi siriani, strettamente legati a quelli turchi. Fedeli al principio per il quale i nemici del proprio nemico se non alleati possono diventare utili, non è impensabile che la Turchia effettivamente abbia aiutato le forze islamiste impegnate contro l'esercito siriano e i curdi.

Inoltre il Daeshè stato considerato più un distruttore che non un creatore di autorità e nella strategia turca un vuoto di potere appena fuori i suoi confini è un male minore rispetto a un stabilizzazione guidata però daforzeostili.

Non stupisce quindi che le truppe diErdoğan abbiamo attraversato i confine con la Siria nel momento in cui l'Isis sta perdendo terreno: il pericolo è infatti che nasca un territorio governato da curdo-siriano che possa fungere da retrovia per l'apparato logistico del PKK.

In questocortocircuito politicola Turchia è passata quindi a combattere due nemici di Asad (curdi e Isis) a loro volta in lotta tra loro, a mantenere l'obbiettivo del far cadere il governo siriano, a bombardarequei curdi che anche in ambito NATO non mancano di avere sostenitori e a dover ricucire i rapporti con la Russia. Per inciso la Russia rappresenta un partner fondamentale del governo siriano e ha stretto forti legami con i curdi siriani, anche per non lasciarli troppo legati agli Usa.

Questi motivi sembrano essere ben più importanti rispetto al voler colpire gli autori dei molti attentanti avvenuti sul suolo turco e rivendicati dall'Isis.

Inoltre anche la stessa situazione politica interna alla Turchia, in piena rivoluzione autoritaria, potrebbe aver spinto il governo di Ankara ad accelerare il proprio coinvolgimento militare per sposare l’attenzione dell’opinione pubblica dalle epurazioni ordinate da Erdoğan dopo il recente mancato golpe.

Il conflitto siriano si conferma quindi crocevia di interessi più ampi rispetto alla semplice guerra civile tra sostenitori e oppositori di Asad e fintanto la Siria sarà il terreno di questa sorta di guerra per procura fomentata da altrui interessi il miraggio di una risoluzione del conflitto resterà tale.