'Presidè, tranquillo ci penso io...'. Così, si esprimeva Michele Lorusso, alla vigilia delle gare che il Lecce disputava, in quei difficili anni, in serie B, quando l'allora Presidente Franco Jurlano, manifestava tutti i suoi timori per l'avversario di turno.

Michele Lorusso, difensore arcigno

E naturalmente, la domenica, l'attaccante avversario, destinato all'asfissiante marcatura di Lorusso, non vedeva l'ora che la partita finisse per riavere la libertà di muoversi. Scherzi, a parte, in un calcio diverso, fatto da uomini passionali, calciatori che vedevano nelle società di appartenenza una seconda famiglia, senza l'ausilio di procuratori o faccendieri, Michele Lorusso si trovava a suo agio.

Uomo dotato di grande temperamento, era un esempio di come un giocatore professionista, senza grande tecnica, ma ricco di volontà e attaccamento alla maglia, potesse, giocare 418 gare, tra serie B e C, con il Lecce, fino a diventarne una bandiera. Ben 13 campionati disputati con la maglia giallorossa, lo stesso numero 2, sulla maglietta, un solo, incredibile gol, segnato, in tutta la sua carriera.

Ciro Pezzella, calciatore duttile

Ciro Pezzella arrivò a Lecce nella stagione 1976/77 e dimostrò subito le sue qualità di difensore dinamico, dotato di grande duttilità, tanto da essere schierato in più ruoli della difesa. Le sue prestazioni, dopo i primi tre anni di militanza in giallorosso, gli garantirono una buona carriera.

Mimmo Cataldo, il ds del Lecce di quel tempo, riuscì a piazzarlo alla Sampdoria, per 350 milioni delle vecchie lire, cifra di tutto rispetto, nella stagione 1979/80. Poi giocò anche in serie A con l'Avellino. Tornò, a Lecce nel 1982, per rimanere vicino alla sua famiglia, e divenne un prezioso punto di riferimento della sua squadra.

Purtroppo, sappiamo come è andata a finire. Nella stagione successiva, il Lecce di Eugenio Fascetti, aveva sposato una linea verde, con l' innesto di tanti giovanissimi calciatori, ma Lorusso e Pezzella erano i trascinatori di quella squadra, grazie alla loro esperienza ed al loro carisma. Poi quel 2 dicembre del 1983, mentre entrambi si stavano recando a Bari per proseguire in treno per Varese, dove il Lecce si preparava per giocare la domenica successiva, un incidente stradale, causò la morte dei due calciatori.

Un tragico destino il loro, basti pensare che avevano optato di viaggiare in treno per paura di volare.

Troppo è stato scritto, ma poco è stato fatto, per ricordare degnamente Ciro e Michele. Magari una scultura, nello stadio, a loro dedicata, un settore del via del Mare, dove hanno sostenuto mille battaglie, qualcosa di tangibile, che possa far rivivere le loro gesta. Oggi, nel 33esimo anniversario della scomparsa dei due giallorossi, vogliamo che le nuove generazioni possano prendere esempio da queste grandi figure di uomini e di atleti.

Il calcio degli anni '80, lontano dagli sfarzi e dai facili guadagni dell'ultimo ventennio, verrà ricordato, grazie anche a Ciro e Michele, come il periodo più affascinante, quello legato ai calciatori-bandiera, ai Presidenti vulcanici, ed a tutti coloro che hanno scritto pagine di sport indimenticabili.