A distanza di pochi giorni si sono concluse la serie The Young Pope, trasmessa da SKY e forse la carriera politica di Matteo Renzi. Di certo si sono concluse le "prime stagioni". Il personaggio di Pio XIII interpretato da un grande Jude Law è molto complesso, per certi versi un giovane ambizioso e senza scrupoli, per altri addirittura un mistico vicino alla santità. In alcuni frangenti mostra tutta la sua fragilità, in altri una machiavellica e perversa inclinazione alla manipolazione delle persone. Difficile non farsi conquistare da un personaggio innegabilmente magnetico.

Fuori da ogni considerazione sulla serie, c'è un aspetto di grande attualità che è bene sottolineare. Nel canovaccio predisposto da Sorrentino, il neo papa decide incredibilmente di non mostrarsi mai in pubblico. Sin dal primo discorso in piazza San Pietro dove concede ai fedeli solamente un'ombra sfocata e la sua voce. Una comunicazione decisamente diversa da quella a cui siamo abituati. La comunicazione dove il media stesso è il messaggio, per dirla alla McLuhan. Un pensiero libero da qualsiasi tipo di personalizzazione, un pensiero senza un volto. Estrapolare un pensiero, un concetto o una teoria dal soggetto che l'ha partorita, per suggerire al fruitore di tale pensiero il maggior grado di obbiettività possibile.

Questo è il vero messaggio.

Questo è quello che è mancato al Young Premier, che sin dagli albori della genesi della riforma costituzionale ha colpevolmente esagerato nella personalizzazione della campagna, facendo scivolare tutta l'attenzione dal quesito alla sua persona. L'adunata referendaria si è quindi trasformata in una sorta di cartina di tornasole dell'operato di Renzi e del suo team di governo.

Il risultato è stato impietoso. Nelle democrazie moderne è impensabile proporre un sondaggio secco sull'operato di un premier dopo 1000 giorni. Nessun, nemmeno il più illuminato ed amato dei politici potrebbe non uscirne con le ossa rotte. E così è stato.

Ora si aprono diversi scenari, con un'ampiezza e una distanza inusitata tra le varie ipotesi che vanno da un ritiro definitivo dalla scena (difficile) a un un clamoroso Renzi bis.

Una cosa è certa. Quello che doveva essere un momento epocale di svolta nella politica e nell'approccio alla politica stessa si è risolto forse con la definitiva fine della cosiddetta personalizzazione della politica, che proprio in Renzi oggi e in Berlusconi negli anni passati ha raggiunto le sue vette più alte. Chissà che un domani, alle prossime elezioni amministrative non arrivi un nuovo personaggio, magari senza un volto ma con forti messaggi capaci di catalizzare le folle solo con la forza del proprio pensiero.

Non so se Matteo Renzi abbia visto la serie di Sorrentino, dove per altro in una puntata compare uno Stefano Accorsi nelle vesti del premier italiano spaventosamente simile a lui, di certo farà tesoro di questa esperienza, che ha sancito la fine della prima stagione della sua vita politica.