Ed ora chiamatelo pure "bavaglio", "tribunale dell'inquisizione" o "attacco alla libertà di opinione". Il principio fondamentale su cui poggia quest'ultima nasce dal rispetto delle opinioni altrui e, nel caso in cui la prima opinione poggi su basi assolutamente inesistenti, deve essere smontata. Il problema delle 'Fake News' è diventato molto grave perchè, oltre a fornire una distorsione della realtà all'utenza, delegittima il lavoro dell'informazione, quella vera. Il ddl presentato in Senato è indirizzato a prevenire i danni delle 'bufale'.

Fermare le campagne diffamatorie

Prima firmnataria del ddl è Adele Gambaro, un passato pentastellato terminato con l'espulsione dal movimento per 'incomprensioni' con i vertici, ora componente del gruppo Ala-Scelta Civica, ed è stato sottoscritto inoltre dai senatori Riccardo Mazzoni (Ala-Scelta Civica), Sergio Divina (Lega Nord) e Francesco Maria Giro (Forza Italia) ma ha incassato adesioni anche da altri gruppi parlamentari. "Il nostro obiettivo non è la censura - ha sottolineato Adele Gambaro - bensì una normativa per regolare ciò che viene diffuso". In fin dei conti, l'idea è quella di stoppare la falsa informazione, manipolata ad hoc, allo scopo di diffondere campagne denigratorie o diffamatorie che, talvolta, hanno avuto obiettivi precisi (un determinato personaggio politico) o atti a spargere il seme dell'odio contro un numero indeterminato di persone (i migranti sono tra i bersagli preferiti di parecchi falsi siti di informazione).

Per i trasgressori sono previste pesanti sanzioni pecuniare e, in casi più gravi, una condanna fino a due anni di reclusione per i responsabili delle "campagne dell'odio contro individui".

Il precedente tedesco

In aiuto dei firmatari del ddl c'è il precedente tedesco. La coalizione di governo, in vista delle Elezioni Federali in Germania, ha predisposto una normativa che prevede multe salatissime (fino a 5 mila euro, ndr) ad imprese che operano nel settore dei social media e che non provvedono alla rimozione di una 'fake new' entro 24 ore dall'accertamento che stabilisce la veridicità o meno del contenuto.

Un problema culturale

Da ponte di collegamento tra i cinque continenti, i social network si sono trasformati in un girone dantesco dove è quasi usuale trovare false notizie il cui scopo è istigare alla rabbia o all'odio. I colossi del web, Google e Facebook su tutti, hanno creato negli ultimi mesi apposite applicazioni che permettono di verificare il contenuto della falsa notizia, ma in realtà sono in pochi ad usarle.

Il business delle fake news cavalca la rabbia dela gente, semina odio indiscriminato perché consapevole di trovare terreno fertile. Che sia un problema culturale è fuori di dubbio: la gente ormai trova sui social tutto ciò che vuole trovare e non si prende il 'disturbo' di controllare il contenuto o accertarne la fonte. Eppure basterebbero pochi clic su un qualunque motore di ricerca per smascherare le bufale. Talvolta, notizie diffuse nei mesi scorsi, già bollate come 'false', tornano d'attualità e vengono condivise sfruttando l'onnipresente 'sonno della ragione' di migliaia di utenti. Proprio per questo la battaglia si preannuncia lunga e difficile: la fake new è entrata nella cultura della gente comme 'sinonimo di informazione indipendente', un concetto difficile da sradicare in migliaia di utenti che si connettono ad uno smartphone ed ad un pc per cercare le presunte 'notizie che nessuno dice'. Davvero, senza mezzi termini, il lato oscuro dela rete.