I 180 minuti che hanno poi scaturito la mancata qualificazione al mondiale di Russia 2018 sono solo la punta dell’iceberg di un male che affligge il nostro sistema calcio, incapace di reggere il confronto con le altre potenze calcistiche mondiali. Qualsiasi siano i punti di confronto, le nostre squadre perdono 8 volte su 10.
Tecnicamente non riusciamo ad arrivare primi se non in maniera occasionale: Mondiale 2006, Champions 2010. Finanziariamente i conti della Federazione sono in rosso e il trend mostra una curva di miglioramento come quello spagnolo, senza parlare di quello tedesco, in attivo.
Come appeal non riusciamo a riempire gli stadi, di pessima qualità a fronte di biglietti dal costo elevato e anche a livello televisivo stiamo perdendo colpi. Porre rimedio a questa debacle totale non è impossibile.Ma occorrono delle qualità che nell’attuale management è difficile scorgere:serietà, passione e competenza.
L’uscita di scena del presidente Tavecchio e della sua cerchia, dopo quella del commissario tecnico Ventura, è il passo necessario, imprescindibile per la rifondazione. Quando si dice che la colpa è di Ventura, che il problema del nostro calcio sono i troppi stranieri, che le risorse non sono sufficienti per sopperire il gap con le altre nazioni, non si fa un’analisi giusta e obiettiva, ma colpiti dalla emotività del momento si analizza solo ciò che è a galla non andando a vedere nel profondo.
Probabilmente un Commissario Tecnico più preparato a certe sfide, meno legato a certi preconcetti creati da una lunga carriera sviluppatasi nelle categorie minori o comunque con squadre di media classifica e mai aspiranti al primo posto, avrebbe sopperito alle difficoltà con altri mezzi e superato il turno.
Siamo tutti concordi nel pensare che se su quella panchina fosse stato seduto Conte, la qualificazione non sarebbe stata un problema.
Così come Ancelotti, Allegri e Mancini, tecnici abituati a vivere situazioni del genere. Non ultimo, è sembrato chiaro anche lunedì sera che Ventura era un corpo estraneo rispetto al resto del gruppo. In certe situazioni il carisma fa la differenza e il tecnico ligure non ne ha abbastanza.
Ma il problema è più profondo come scritto prima e nasce dalle scuole calcio.
Perché se in una organizzazione che si definisce scuola (scuola calcio) non si insegna, poi non si può pretendere che Darmian sappia stoppare un pallone o che Candreva riesca ad effettuare un cross decente (ogni riferimento è puramente casuale).Chi, anche solo da genitore, frequenta o ha frequentato il mondo delle scuole calcio, sa benissimo che nella maggioranza delle situazioni, i ragazzi sono in mano a degli incompetenti. Per allenare le categorie della Scuola Calcio o Squadre giovanili, che militano nei campionati provinciali, non occorre nessuna qualifica. Ma in questo primo step della vita di un calciatore gli aspetti che interessano la maggioranza delle Società sono il profitto e il risultato.
Si tende ad iscrivere più ragazzi possibile, per avere più entrate possibili (profitto), avendo però delle strutture ed una organizzazione che non permettono di sviluppare un programma di lavoro serio. Capita magari di vedere un “allenatore” circondato da 15-20 bambini in mezzo al campo, che si divertono, giusto, ma non imparano. Trascorrono 1 ora e mezza come fossero al parco.Allora però dobbiamo avere le idee chiare: o si va in una scuola perché si intende imparare una disciplina, oppure si và al doposcuola per passare del tempo all’aria aperta divertendosi.
L’obiettivo dovrebbe essere divertirsi imparando
E si ritorna a qualche riga prima, quando si parlava della formazione che deve essere requisito essenziale, a cura e a carico della Federazione responsabile.L’altro aspetto quello del risultato.
Nessuna classifica, nessun tabellino dovrebbero essere stilate per le gare delle piccole categorie, almeno fino ai 12-14 anni.L’aspetto da curare dovrebbe essere quello della messa in pratica della materia: il gioco del calcio.Andrebbe premiata la giocata, la riuscita di una buona azione di gioco, lo sviluppo dei concetti spiegati durante la settimana e analizzati gli errori per permettere al ragazzo di crescere. Curato l’aspetto fisico e atletico, cercando di intervenire nella postura sbagliata, nell’alimentazione non corretta, nel gesto atletico errato. Stiamo volando troppo alto? No stiamo parlando seriamente della materia.
E non si può prescindere dall’argomento genitori. Chiariamo subito, normalmente sono di disturbo per il lavoro da svolgere.
E’ insito nel nostro essere italiani sentirsi allenatori e soprattutto pensare di capirne più degli altri e allora ci intromettiamo, consigliamo, critichiamo se non peggio.Non dovrebbero assolutamente partecipare agli allenamenti, così come non entrano nelle aule scolastiche. Secondo dovrebbero essere “educati” quando da spettatori assistono al divertimento dei loro ragazzi, non mi dilungo sugli episodi vergognosi che normalmente avvengono i sabati e le domeniche nei campetti di periferia.
Altro punto le squadre primavera, che così come sono organizzate, non riescono ad essere competitive con le loro paritetiche straniere. L’introduzione delle squadre B, permetterebbe ai ragazzi di confrontarsi con atleti più esperti in competizioni agonisticamente più valide, inserendole, così come avviene in Germania, in Spagna, in Inghilterra nella Lega Pro.
In ultimo la revisione della distribuzione dei diritti televisivi, affinché vi sia una spartizione equa e giusta.Se è palese che la Juventus, per citare una delle big, ha un bacino d’utenza immensamente più grande rispetto al Crotone è vero anche che senza la presenza della squadra calabrese, non esisterebbe nessuno spettacolo/evento.E allora se il Bayern Monaco percepisce il 7% dei diritti televisivi e una squadra di media classifica della B tedesca il 4%, non è sostenibile un sistema dove la prima squadra di A prende 100 e il Frosinone 20. Lunedì prossimo ci sarà la riunione del consiglio federale, Tavecchio ha ancora la maggioranza delle componenti calcio dalla sua parte, punterà tutto su un nome ad effetto per nascondere la polvere?