Alle 3,37 di venerdì 17 novembre Totò Riina, il boss mafioso, il capo dei capi, l'uomo che sfidò lo Stato, è morto nel reparto detenuti del carcere di Parma. Sui social sono rapidamente iniziati i messaggi di commento, e stanno rapidamente aumentando in queste ore.
La sentenza e la pena
Sono innumerevoli i processi che hanno visto coinvolto Totò Riina, ed il numero di ergastoli comminati supera di gran lunga quelli estinguibili in una vita. Non si vuole in alcun modo, in queste poche righe, mettere in discussione reati, comportamenti, giudizi o condanne.
La riflessione supera la persona stessa in questione, spingendo la domanda un po' più avanti: dove termina la condanna di fronte alla morte? Per ergastolo si intende detenzione a vita: dove si deve collocare allora l'estinzione della pena? Nella perdita di ogni funzione vitale o all'esalazione dell'ultimo respiro?
Di fronte alla legge
Ognuno di noi, di fronte alla legge, ha pari diritti e doveri. Anche un condannato all'ergastolo. Da tempo si discute, anche animatamente, sulla definizione di morte e sulla necessità di introdurre, nel codice legislativo italiano, una corretta definizione di stato di vita, che preveda la possibilità di una morte dignitosa. Ogni ulteriore distinguo nel caso di condannati rischia di introdurre varianti della pena che possono sfociare in vendetta, concetto lontano da uno stato di diritto e dalla nostra Costituzione.
Non si vuole entrare nel merito sul luogo nel quale si decede o di misure detentive che devono essere riviste, ma quale è il limite al quale si deve assegnare il concetto di morte.
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha firmato, con il parere positivo della Procura nazionale antimafia e dell'Amministrazione penitenziaria, il permesso per i figli, la moglie ed i parenti più stretti di potergli stare vicino, nella struttura sanitaria a Parma, nelle ultime ore.
E' bene ricordare che quella di Riina non è stata una morte improvvisa e giunta inaspettatamente: da mesi ormai le condizioni cliniche erano gravissime e da alcuni giorni sussisteva il coma farmacologico.
La questione è importante e complessa. Anche il Papa, proprio ieri, ha espresso il suo parere in merito. Ci auguriamo che la prossima legislatura affronti l'argomento della morte dignitosa, e che i valori etici non siano soffocati da impellenze economico/sociali o da beghe politiche. Riteniamo la morte ultima, definitiva ed inappellabile sentenza. Ogni ulteriore commento successivo ad essa non aumenta la pena e non migliora la nostra umanità.