Il 1° Dicembre si è celebrata la Giornata Mondiale contro l’Aids, il #WorldAIDSDay al fine di sensibilizzare ulteriormente i più riguardo lo scottante tema così attuale, aiutare la ricerca e ricordare chi, purtroppo, oggi non c’è più.
L’ HIV/AIDS, oggi, non è più una malattia sconosciuta. L’informazione, infatti, scorre veloce tra le piattaforme social e media, post e riesumate o rivisitate pubblicità progresso, tutto sotto i nostri occhi e a portata di click. Sono stati fatti passi avanti al riguardo: se nei non lontani anni '90 la mortalità causata dal virus aveva un’incidenza maggiore ad oggi la situazione è nettamente migliorata grazie alle scoperte e le cure che permettono uno stile di vita normale.
Cure che, però, non debellano la malattia in quanto, purtroppo, incurabile ma che ne arrestano l’avanzare a danno del sistema immunitario. Non esiste un vaccino e questo è assolutamente strano nel 2017, ma bisogna essere grati alla scienza per ciò che è riuscita a fare sino ad adesso.
Luminari e scienziati hanno assodato come il virus, per quanto contagioso, non possa essere trasmesso attraverso i contatti quotidiani, che sia una stretta di mano, un abbraccio, un semplice bacio. Infatti, veicoli di trasmissione sono i fluidi corporei, infetti, tramite rapporti sessuali non protetti, via ematica, attraverso la gravidanza, al momento del parto, attraverso il latte materno. Non bisogna trascurare aghi, lamette, rasoi se ritenuti potenzialmente infetti.
Nonostante si abbia consapevolezza dei canali attraverso cui questo virus così subdolo transiti, nonostante la consapevolezza dei mezzi per contrastarlo o nel peggiore dei casi, ma ovviamente non rari, per combatterlo - consapevolezze derivanti dal bombardamento mediatico o dalle conoscenze pregresse scolastiche o familiari - , l’argomento e la malattia stessa continuano ad essere un tabù sociale.
La persona che si scopre sieropositiva, molto spesso, si trova in contemporanea sola e doppiamente vittima. In primis vittima del virus che inevitabilmente sconvolge come un maremoto interno che porta una immensa paura e, andando via, lascia dietro sé la rassegnazione ad una malattia incurabile e l’accettazione della condizione da malato a vita.
In secondo luogo è vittima di una società ghettizzante, che isola, giudica per paura, per disconoscenza o mal informazione, per ignoranti luoghi comuni.
Molti, scoperto il virus, sono stati abbandonati da amici, parenti, partner. Molti sono stati licenziati perché potenziali “untori”. Insomma, hanno ricevuto tutto tramite che comprensione, aiuto e appoggio e allontanati da coloro i quali dovevano condividere con loro il pesante e insostenibile fardello. E quindi, vittime di questo stigma decidono di vivere in gran segreto, per paura del giudizio, di essere additati come “persone inavvicinabili”.
Si, anche questo esiste nella società datata 2017.
Perché scrivere sulla giornata contro l’AIDS, giorni dopo la sua celebrazione?
Perché la sensibilizzazione deve essere quotidiana, perenne sotto i nostri occhi, alle nostre orecchie. Perché il problema sussiste, ogni giorno. Perché non è lontano da noi, perché non ne siamo immuni. Ogni giorno c'è gente che muore a causa del virus, ogni giorno c’è gente che scopre di essere sieropositiva, ogni giorno c’è gente che viene emarginata perché malata e ritenuta “diversa”.
Fondamentale, ai fini della sensibilizzazione stessa, è ricordare che per ostacolare il virus esistono indicate precauzioni. E' bene ricordare che prevenire è meglio che curare.