Il 4 marzo si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del nostro Parlamento, dal quale poi si formerà un governo, precisamente un Consiglio dei Ministri, con un presidente del Consiglio che non sarà votato direttamente dal popolo, nel senso che non ci sarà chiesto: “Preferite Di Maio o Berlusconi?”.

Tuttavia, se c'è una preferenza tra i due, si deve votare uno dei due partiti che loro rappresentano, cosicché possa raggiungere la maggioranza al Parlamento (sia alla Camera che al Senato) e possa riuscire a formare una compagine che guidi l’esecutivo per i prossimi cinque anni.

L'importanza del voto

Andare a votare è l’unico strumento con cui noi elettori possiamo premiare o meno l’efficacia, la capacità di un determinato soggetto politico di governare, legiferare, questo perché abbiamo in mano le sorti del suo destino.

Se il PD ci ha deluso, anziché scriverlo su Facebook, abbiamo il compito di andare in cabina elettorale e votare per un altro partito.

Collegato a queste ragioni, c’è il secondo motivo per cui è fondamentale il nostro voto: lamentarsi, urlare al complotto, generalizzare dicendo che “Sono tutti uguali” non ci dispensa da quello che è un dovere civico. Anche perché non facendolo, non andando a votare, il nostro diritto di lamentarci viene meno. Andare a votare, oltretutto, rappresenta anche il modo con cui un cittadino si informa.

Mettere una crocetta a caso, su una scheda a caso, perché qualcuno ci ha obbligato, non è il modo più corretto per definirsi cittadini. Ma se chiunque, dopo aver preso coscienza di ciò che pensa, va ad apporre la croce su un simbolo di un partito piuttosto che un altro significa quantomeno che ne conosce il programma, si è documentato, ha studiato per così dire.

Veniamo da una situazione quasi surreale

Negli ultimi cinque anni di legislatura, abbiamo visto l’avvicendarsi di tre diversi governi, tutti di natura più o meno tecnica. Enrico Letta è stato chiamato a fare il presidente del Consiglio dopo che Pierluigi Bersani, all'epoca leader del Pd e della maggioranza alla Camera, ma non al Senato, non ebbe l'incarico di formare il proprio eEsecutivo.

Abbiamo dovuto fare i conti quindi con una compagine di governo che abbracciava più partiti diversi tra loro, che ha dovuto porre questioni di fiducia per poter approvare troppe leggi; si è demandato in maniera eccessiva lo strumento legislativo, proprio del Parlamento, al Consiglio dei Ministri, che invece dovrebbe esercitarlo solo in rarissimi casi. In questo clima incerto è difficile anche capire come effettivamente si è lavorato, se ci sono meriti o se non ci sono.