È successo ancora. Stavolta la Cronaca Nera ci porta a Terzigno, in provincia di Napoli, dove una donna, dopo aver accompagnato la figlia a scuola, è stata freddata nel piazzale antistante l'edificio scolastico.

Il punto non è la gelosia o il vivere separati in casa, ma il comune denominatore di questi omicidi: il bisogno che diventa possesso. E follia. Quante coppie si uniscono perché stare soli fa paura? Quante persone sono realmente motivate a cercare un partner per un bisogno che l'altro/a può soddisfare?

Una donna che ha tanta fame, incontra un uomo che possiede un negozio di alimentari, e ciò che secondo lei è amore è, in realtà, appetito: "Ti amo perché hai il cibo che mi serve".

Tuttavia, nel momento in cui lei non sarà più così affamata o lui non avrà più di che sfamarla, il cosiddetto amore scomparirà. A questo punto rimarranno insieme soprattutto per necessità, per trovare una soluzione ad un problema, per la paura di stare soli, per il desiderio di generare figli, di sentirsi più sicuri, ma non per amore.

Dove c'è amore

Non esiste possesso, e dove c'è possesso non esiste amore. Quando è autentico, questo sentimento presuppone la libertà. Il cane che sta accanto al padrone perché tenuto al guinzaglio, è una sorta di "schiavo" che, quando viene liberato, cerca di evadere proprio come gli uomini e le donne che vivono in regime di stretta sorveglianza.

Qual è la paura di base che spinge la maggioranza delle coppie ad unirsi non per amarsi, ma per possedersi al punto che "se non stai con me ti uccido?".

È la paura profonda della solitudine che non è data dal non aver accanto qualcuno, ma dal sentirsi soli dentro.

Siamo soli quando siamo separati da noi stessi, dalla nostra pura essenza e, se non ne diventiamo consapevoli, continuiamo a vivere nel timore che genera bisogni, che alimenta il dominio sull'altro fino a sfociare nella follia omicida che si legge sui giornali e che, dall'inizio di quest'anno, ogni sessanta ore ha ucciso una donna.

Ci si può porre una domanda

"Qual è il bisogno che mi fa cascare ai piedi di una persona?". Se la risposta è: "Non c'è alcun bisogno, mi sono semplicemente innamorato", allora ci si potrebbe porre un'altra domanda: "Se detta persona mi dicesse che mai si potrà o vorrà concedere a me, io continuerei ad amarla, a desiderare di aiutarla, o la mia disponibilità scemerebbe?".

L'amore vero ha sempre una caratteristica: è incondizionato, non è soggetto a motivazioni specifiche o ad aspettative particolari. Si ama perché si ama. Punto. Ciò che l'altro farà o non farà è ininfluente. Donarsi è una gioia, non è un "do ut des" (do affinché tu dia), ma un dare per il piacere di farlo, perché l'amore trae gioia semplicemente manifestandosi.

Molti genitori (ma non tutti) fanno esperienza di questo tipo di amore nei confronti dei figli: indipendentemente da come il figlio si comporterà, loro non potranno fare altro che continuare ad amarlo.

La consapevolezza

Quando si legge di omicidi come quello avvenuto di recente a Terzigno, la domanda che ci si potrebbe porre è: "sono consapevole di quando amo e di quando possiedo?

Il partner, l'amico, il collega, il figlio?".

Se la risposta vira sul possesso, si è già compiuto un primo passo, diventandone consapevoli. Lo step successivo sarà chiedersi qual è la paura che vive sotto quel bisogno, e successivamente incontrarla e sconfiggerla, fino a concedersi il permesso di amare per il puro piacere di farlo.

Amore e paura sono le forze più potenti che governano l'uomo, e dove c'è l'una non può esistere l'altra. Immacolata Villani è morta; non possiamo restituirle la vita, ma possiamo far sì che la sua drammatica scomparsa ne eviti altre, diventando una spada che trafigge paure e libera amore.