Alla fine è emerso un capro espiatorio e così Monsignor Dario Viganò, prefetto della segreteria per la comunicazione del Vaticano, si è assunto la piena responsabilità per la vicenda che tanto scalpore ha destato sulla stampa per il pasticcio della lettera di Benedetto XVI diffusa solo parzialmente. Tutto chiarito? Per nulla.

L'errore d'origine: il Papa dovrebbe rivolgersi direttamente al suo predecessore

E' singolare che Papa Bergoglio non abbia alzato il telefono per chiedere direttamente a Benedetto XVI, suo predecessore e uomo di profonda dottrina teologica, di voler scrivere la prefazione al suo La teologia di Papa Francesco.

Perchè affidare un tema così delicato ad un portavoce e soprattutto perchè attraverso una lettera, un testo scritto? In generale, emerge una mancanza di tatto o anche solo di bon ton nei rapporti gerarchici ecclesiastici al più alto livello. E poi, impegnare il Papa emerito con una lettera costringe quest'ultimo a riscontrarla con un testo scritto che il buon Ratzinger ha avuto l'accortezza di spedire come "riservata-personale". Ma di questo Viganò non ha tenuto conto, commettendo il secondo e più grave errore in tutta la vicenda.

Una lettera riservata diffusa alla stampa

Ecco che Viganò se l'è cercata. Prima il monsignore accetta, irritualmente, di scrivere a Benedetto XVI. Poi - invece di tacere sull'esito della corrispondenza, che non a caso si conclude con una lettera riservata (è evidente che colui che scrive voglia evitarne la diffusione) - decide di dare conoscenza del testo, omettendo parti essenziali per la corretta esegesi del pensiero di Ratzinger.

Né più e né meno che una manipolazione orchestrata, occorre dirlo francamente, in modo pasticciato. Come avrebbe dovuto prendere la cosa Ratzinger? E' probabile che la "dritta" alla stampa sui tagli effettuati da Viganò sia arrivata da ambienti vicini al vecchio Papa tedesco.

Il senso vero della lettera di Ratzinger

A questo punto, leggendo integralmente il testo della lettera in questione se ne comprende il reale contenuto, che è il seguente: Ratzinger, nel dichiarare che "i piccoli volumi mostrano a ragione che Papa Francesco è un uomo di profonda formazione filosofica e teologica", ha inteso chiarire come l'attuale Papa sia consapevole di quanto proponga in termini di revisione teologica; quanto sia altresì consapevole del pensiero di figure come "il professor Hunermann, che durante il mio pontificato si è messo in luce per avere capeggiato iniziative anti-papali.

Egli partecipò in misura rilevante al rilascio della 'Kolner Erklarung', che, in relazione all'enciclica 'Veritatis splendor', attaccò in modo virulento l'autorità magisteriale del Papa specialmente su questioni di teologia morale". Insomma, Ratzinger esprime un profondo disaccordo con "La teologia di Papa Francesco", non lasciando scampo ad eventuali lacune in campo dottrinale dell'attuale Papa.

Il resto è il proseguimento di una risposta giustamente stizzita: "... non sono in grado di leggere gli undici volumetti nel prossimo futuro, tanto più che mi attendono altri impegni che ho già assunti". Nessun dubbio sul risentimento di Ratzinger.

A danno compiuto, occorre un capro espiatorio

Il tentativo della Santa Sede di accreditare le tesi teologiche di Papa Francesco con l'autorevole imprimatur di Benedetto XVI fallisce miseramente. E bisogna affermare che l'entourage del pontefice, probabilmente con il beneplacito di quest'ultimo, ha agito con improntitudine da principianti. Peraltro, consentendo di portare all'attenzione della stampa e dell'opinione pubblica la profonda lacerazione che corre nelle stanze vaticane su temi di teologia, come se già non bastassero le quotidiane polemiche e gli errori di comunicazione a complicare i faticosi tentativi di riforma del Papa argentino.

Il quale ha certamente ragione guardando agli scandali di una chiesa "mondana" che egli vorrebbe riformare. Tuttavia, nel tentativo di recuperare i fondamenti della cristianità, sconta un metodo insolitamente rozzo per essere un gesuita, finendo con l'alimentare la reazione degli ambienti ecclesiastici più conservatori nella lotta intestina che lacera da tempo il vaticano. Così, per mettere a tacere la stampa occorreva scegliere un credibile capro espiatorio: Viganò si dimette e Bergoglio ne accetta le dimissioni "non senza qualche fatica", rimarcando proprio con questa frase il reale tenore dei rapporti con il suo "portavoce". Altro scivolone. Sarebbe stato più opportuno tacere. Ma, forse, Bergoglio non ha nessuna intenzione di farlo. E non lo farà. Dio lo protegga.