Il caso della scomparsa in circostanze misteriose e senza alcun apparente movente di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, due adolescenti finite probabilmente in un girone infernale nel cuore della cristianità, a Roma, rimane uno dei più controversi della storia dell'Italia di fine novecento, per l'altissimo numero di racconti e di piste infruttuose e di tracce disseminate e di parole scritte e pronunciate ai più alti livelli istituzionali e religiosi.
Si attende l'esito delle indagini sulle ossa emerse nella Nunziatura apostolica a Roma
E' di questi giorni la scoperta che ha destato scalpore per il collegamento, che nessuno finora ha spiegato, tra il ritrovamento di ossa, probabilmente di due scheletri, emerse dal pavimento in ristrutturazione nella casa del custode della Nunziatura apostolica del Vaticano a Roma e le vicende tristi delle due ragazze scomparse 35 anni fa.
Una suspense che si rinnova ancora una volta e che tiene desta l'attenzione dell'opinione pubblica.
Cosa sapevano Orlandi e Gregori?
Una delle domande che sono rimaste sullo sfondo di tutta la vicenda riguarda, paradossalmente, il movente: perché queste due ragazze, protagoniste di una normale vita da adolescenti, a poche settimane di distanza l'una dall'altra scompaiono in modo simile, come fagocitate in un "mondo di sotto" che forse avevano avuto la sventura di vedere? Già, perché non si rapiscono due ragazze qualunque senza che queste rappresentino qualcosa di importante per figure di alto rango. In particolare, la storia di Emanuela Orlandi, al centro di ricatti e di intrighi internazionali, non può avere senso qualora si voglia escludere il suo involontario coinvolgimento in una vicenda scabrosa, qualora non la si possa associare a qualche trama inconfessabile oggetto di ricatto verso i vertici vaticani.
Questo è un elemento imprescindibile: qualcosa di anomalo era accaduto nella vita di Emanuela come in quella di Mirella.
L'ingenuità di due adolescenti
Mirella Gregori aveva detto alla madre, pochi giorni prima di scomparire, una frase molto singolare: "tra poco avrò tanti soldi". La stessa Emanuela Orlandi quel pomeriggio del 22 giugno, prima di uscire per la lezione di musica, apparve nervosa e chiese al fratello Pietro di accompagnarla.
All'inconsapevole rifiuto di questi, reagì sbattendo la porta di casa. Poi, durante il pomeriggio telefonò a casa parlando della proposta di un presunto agente della Avon, una pratica poi ricondotta al subdolo sistema di reclutamento di minorenni da destinare al mercato della prostituzione adottato dalla banda della Magliana.
La ragazza ne parlò anche con un'amica nel tardo pomeriggio dello stesso giorno prima di separarsi da lei e sparire nel nulla. Si tratta di indizi blandi ma convergenti, che possono rivelare una strada possibile, finalmente sgombra e diritta, tra mille illazioni.
Due adolescenti forse inghiottite in un mondo perverso
La corruzione tra le gerarchie ecclesiastiche non può essere ignorata: esiste. E' stata ed è accuratamente tenuta sotto silenzio, insabbiata in ardite trappole mediatiche. Tuttavia, sullo sfondo dell'atteggiamento collettivo si sono ormai radicati profondi dubbi sulla moralità di figure appartenenti alla base come alle alte sfere della chiesa cattolica. Gli scandali internazionali di questi anni sulla pedofilia hanno marchiato indelebilmente l'organizzazione religiosa.
Così, di fronte a casi eclatanti e impensabili solo un paio di decenni fa, adesso l'opinione pubblica è propensa a sospettare il peggio. D'altronde, come testimoniato pubblicamente da autorevoli prelati, il tema non è solo quello della pedofilia ma delle pratiche sessuali generiche che riguardano il clero: ad alti livelli, queste "esigenze" non possono essere soddisfatte direttamente ma solo per mezzo d'intermediari. In questo solco è sorto negli anni un filone d'indagine che ha riguardato esponenti della gendarmeria vaticana e di prelati di rango intermedio, i quali potevano muoversi più liberamente e discretamente dei loro superiori gerarchici. E con chi si possono mediare simili prestazioni se non con la criminalità?
Nulla però è stato dimostrato giudizialmente.
Emanuela Orlandi era più utile da viva o da morta?
Ipotizzando che le due ragazze fossero in collegamento tra loro - relazione mai dimostrata - perché Emanuela non si allarmò dopo la scomparsa di Mirella? E perché la Orlandi avrebbe fatto cenno alla sospetta proposta di un sedicente rappresentante della Avon proprio nel pomeriggio in cui anche lei scomparve? Forse voleva lanciare un segnale alla famiglia? Aveva paura di qualcosa? E' possibile immaginare che le due ragazze fossero finite, separatamente, in una trappola ordita da chi prediligesse pratiche sadomasochiste estreme, da chi fosse capace di trattare il corpo come uno strumento di piacere "usa e getta"?
Certo, qui la vicenda assumerebbe toni ancora più raccapriccianti, ma perché escludere questa possibilità? Se così fosse, come il sonoro di un'audiocassetta lascerebbe pensare, Emanuela era già condannata al momento del rapimento. Come Mirella.
Chi sapeva o tacque o usò la vicenda per ricattare
Se Emanuela e Mirella morirono torturate da uno più sadici di alto rango e qualcuno all'interno delle gerarchie vaticane sapesse e qualcun altro, appartenente al mondo criminale, ne avesse avuto eguale contezza, che sapesse già quale fine avrebbe fatto Emanuela al momento del rapimento - perché già era accaduto con Mirella Gregori - quale avrebbe potuto essere l'esito di questo perverso meccanismo dialettico se non proprio quello che è avvenuto per 35 anni?
In cosa sarebbe potuto consistere il senso d'allarme suscitato fin dalle prime ore negli alti vertici del vaticano, fino al Papa, se non quello di avere certezza o meno sulla tragica fine di Emanuela? In fondo, cinicamente, la sua morte poteva fare comodo ad alcuni e rappresentare una perdita per altri. Così, c'è stato forse chi ha "tenuto in vita" Emanuela Orlandi solo fittiziamente per avere un elemento sul quale speculare. E chi ha forse preso tempo per raggiungere la certezza che ormai fosse morta e non costituisse più un pericolo, smorzando così l'azione ricattatoria.
I vertici vaticani e il Papa hanno sempre saputo?
Quando Papa Francesco sussurrò a Pietro Orlandi che "Emanuela era in cielo" non fece una pietosa ammissione di consapevolezza in favore della famiglia Orlandi?
Parrebbe di si. Assieme alla convinzione che null'altro si potesse aggiungere per spingere i familiari di Emanuela a rassegnarsi. Perché la verità su Emanuela Orlandi, semplicemente, non si può raccontare: andrebbe oltre le trame più complesse per giungere su un terreno arido e scottante di violenza efferata. C'è un confine che non può essere superato. Ed un interesse prevalente alla permanenza della chiesa cattolica quale massima istituzione religiosa mondiale. E' questo che si frappone alla verità sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori e chissà di chi altro ancora in quegli anni. Forse anche dopo. Forse ancora oggi.