I fatti di Macerata, i toni e i modi di questa campagna elettorale permettono, anzi stimolano una riflessione sul fascismo e sull’antifascismo in Italia. Il nostro Stato nasce sulle ceneri del fascismo e la sua nascita risulta profondamente influenzata dall’antifascismo. Tra i padri costituenti troviamo, infatti, antifascisti che avevano militato nella resistenza, come Giuseppe Saragat, partigiani che avevano lottato ardentemente contro il fascismo, come Umberto Terracini e Luigi Einaudi, uomini che erano stati repressi e aggrediti dalla dittatura fascista, come Gustavo Ghidini.

Di conseguenza, la nostra nazione viene in vita con una costituzione antifascista, che rinnega il fascismo e che impedisce la ricostituzione del partito fascista. La nostra nazione nasce come costituzionalmente e pregiudizialmente antifascista.

Al giorno d’oggi sentiamo opinionisti e politici, giornalisti e attivisti che da una parte dicono quanto la questione del fascismo sia un problema che non si presenta nella nostra epoca, che si utilizzi quell’attributo per screditare e gettare fango richiamando un passato negativo; dall’altra innalzano bandiere antifasciste e tacciono alcune opinioni contrarie come prettamente fasciste e non degne di essere argomentate.

Le due fazioni

Da una parte un gruppo di persone che si fa compattamente notare per non aver mai rinnegato il fascismo, le varie Meloni, La Russa, Di Stefano, Roberto Fiore.

Non si avrà difficoltà a sentire da parte loro quanto “il fascismo abbia fatto tante cose buone”. Una compagine che si autocommisera e che fa del vittimismo la sua arma migliore. Se è un problema, dal canto loro, essere additati come fascisti perché mai dovrebbero essere orgogliosi del fascismo? Perché mai dovrebbero inalberarsi una volta combattuti dai neo-antifascisti se mai condivisero i valori della resistenza?

D’altra parte, però, trovo che la questione dell’antifascismo non sia una bandiera da sventolare ad ogni piè sospinto, e penso che i valori dei partigiani e della resistenza non debbano anacronisticamente essere messi in pratica in maniera violenta ­– almeno fino a quando una violenza esterna non lo richieda. Infine, se io reputo superfluo punire penalmente chi faccia il saluto romano, penso che chi abbia vissuto le angherie di quel periodo sulla propria pelle reputi più che offensivo vedere tornare quelle simbologie.

E allora, quando la loro pelle non ci sarà più, quando quella generazione scomparirà, non dovremo permettere ai valori dell’antifascismo di andare con loro nella tomba. Dovremo conservarli e avvalorarli nella memoria.