Alla propaganda perenne ci siamo ormai abituati, così come ad un'incessante sovrapproduzione di post e tweet che hanno ben poco di istituzionale (come la pubblicazione di golose colazioni mentre una parte del Paese è vittima di calamità naturali). Ciò a cui non ci si può abituare, però, sono le frasi e il trattamento che Matteo Salvini rivolge ai suoi contestatori. Protestare in modo non violento è un diritto, tenere un linguaggio moderato è dovere di chiunque rappresenti le Istituzioni.
Breve riepilogo degli ultimi mesi
Negli ultimi tempi si è assistito a non pochi fatti degni di nota.
Il 9 novembre, a Roma, una donna ha 'osato' dare del ''ridicolo'' e del ''buffone'' al ministro e per questo è stata fermata dagli agenti presenti sul posto. Essendosi inizialmente rifiutata di esibire i documenti, è stata portata in commissariato e poi denunciata. Una settimana dopo, a Napoli, un ragazzo di soli 15 anni è stato ferito alla testa dalla polizia, che stava presidiando un'altra visita del vicepremier con tanto di manganello. Anche in questo caso, la reazione degli agenti è scattata mentre il ragazzo stava contestando Matteo Salvini e lo stesso leader del Carroccio non ha espresso la minima solidarietà per l'inconveniente. Arrivano poi dicembre e la manifestazione della Lega in Piazza del Popolo, a Roma.
In questo caso, un uomo è stato allontanato in malo modo dalla sicurezza per la sola colpa di essersi presentato al comizio con un cartello su cui si leggeva ''Ama il prossimo tuo''. Infine, rilevanti sono anche due casi di gogna mediatica. Il primo riguarda il ragazzo che denunciò gli insulti razzisti pronunciati da una capotreno sulla linea Mantova-Cremona-Milano.
La pagina della Lega aveva pubblicato il suo profilo, esponendolo così ad una lunga serie di insulti e minacce da parte degli utenti social. Il secondo, ancor più grave, ha riguardato alcune ragazze minorenni, ritratte in un'immagine pubblicata da Salvini su Facebook e Twitter. Le minorenni, studentesse prese di mira per aver partecipato al 'No Salvini Day', sono state esposte a feroci commenti da parte dei followers del ministro.
Questi episodi, che presi singolarmente non hanno destato lo scalpore che avrebbero dovuto, formano un quadro sempre più preoccupante. Si denota una sempre più evidente intolleranza verso le critiche, nonché un tentativo di tacciare d'infamia chiunque sia dissidente.
Comunicazione 'tossica'
Quanto avvenuto ieri, a L'Aquila, introduce un metodo ancora più pesante di aggredire i contestatori. L'operazione non è stata affidata né agli agenti né ai social: a lanciare l'offesa è stato Matteo Salvini in persona. Inutile dire che i toni sono stati decisamente alti e altrettanto poco rispettosi. ''Se nel 2019 ci devono essere delle persone che gridano 'siamo tutti clandestini', allora prendete i barconi e andate dove volete, tornate nei centri sociali a farvi", ha affermato il ministro, rivolgendosi ai ragazzi che hanno espresso il loro dissenso per le sue politiche migratorie.
Aldilà della discutibilità di chiudere i porti, tema complesso che necessiterebbe di lunghissime analisi, è palese che, in sostanza, il vicepremier abbia bollato come 'tossici' quei giovani, invitandoli a tornare a drogarsi lontano dai suoi comizi. E come interpretare quel ''prendete i barconi e andate dove volete'' se non come un indiretto ''Prima gli italiani, ma non chi mi contesta''? E' un linguaggio che, pronunciato da un politico come Salvini (attento alla comunicazione e addetto al ruolo della sicurezza pubblica), non può passare inosservato. E' capitato, in passato, che il leader della Lega rispondesse con ironia pungente ai ragazzi che lo avevano criticato pubblicamente, ma ora è stato fatto un passo oltre.
Un attacco simile non può appartenere a chi oggi rappresenta le Istituzioni (e dunque tutti i cittadini, senza discriminanti). Il fastidio arrecato da un coro o uno striscione avverso è comprensibile, altra cosa è utilizzare l'umiliazione e l'attacco verbale verso chi dissente, ben consapevoli del proprio peso all'interno delle più alte cariche dello Stato.