Nella parte settentrionale della Siria, a 150 km da Aleppo, si trova Kobane, o Kobani, che negli ultimi mesi si è resa protagonista involontaria di tanti avvenimenti legati alla guerra contro l'Isis, l'autoproclamato Califfato Islamico, responsabile di atti terroristici in tutto il mondo. I documentari girati da giornalisti italiani in questa città hanno mostrato manipoli di uomini curdi che facevano i soldati. Sì, perché non si può dire che fossero davvero soldati, ma che cercavano di farlo, difendendosi come meglio potevano, combattendo l'Isis al massimo delle loro possibilità.

Non si può negare che l'occidente li abbia usati, in un certo senso, loro che volevano solo cercare un posto tranquillo per il popolo curdo, e il resto del mondo che aspettava che togliessero le castagne dal fuoco, con l'aggravante che sono stati proprio i Paesi dell'occidente cristiano, Stati Uniti insieme a Francia, a cominciare a combattere la guerra della Siria, a causare macerie, povertà, e miseria infinita. In queste ore giunge la notizia che l'esercito di Assad è arrivato in città, e molti fra quelli che sanno, ora senz'altro tremano, ma non di paura, solo di vergogna, e si spera, senso di colpa. Sentimenti che arrivano in ritardo, che sono ormai inutili, che non serviranno ad aiutare quelle persone, perseguitate ed emarginate ormai da tanto, troppo tempo.

L'infinita odissea del popolo curdo

Il Kurdistan è un territorio, ma non è mai stato una nazione; il popolo curdo ha una sua specificità, una sua lingua, una sua religione, delle tradizioni consolidate nel tempo, ma non ha uno Stato, è stato sempre ospite tollerato, spesso sgradito, di altri paesi del Medio-Oriente. La popolazione curda, nei secoli, ha abitato nella parte meridionale della Turchia, nel Nord-Ovest dell'Iran, nel Nord dell'Iraq e nella Siria settentrionale.

Dopo la Prima Guerra Mondiale e la sconfitta dell'Impero Ottomano, i curdi ottennero la promessa di uno Stato nazionale, nel Trattato di Sèvres, nel 1920, che fu però purtroppo smentito dopo qualche anno, con il Trattato di Losanna, che attribuiva la gran parte del territorio da loro abitato alla Turchia.

Da allora in poi, si sono susseguite battaglie, rivendicazioni, ribellioni ed invocazioni del popolo curdo, immediatamente accompagnate da repressioni, incarcerazioni, sparizioni, stragi, crimini spaventosi senza mai un'eco sufficiente su scala mondiale; è proprio di questi giorni la tragica notizia della fine spaventosa di Hevrin Khalaf, Ministro degli Esteri del Partito Siriano del Futuro, massacrata e trascinata per i capelli, fino a provocare il distacco del cuoio capelluto, e infine fucilata.

La sua unica colpa è stata quella di cercare di difendere il popolo curdo e in particolare le donne.

Chi sta combattendo effettivamente e contro chi

Quello che si vede dall'esterno è un tentativo di dirottare l'attenzione, secondo l'editoriale di Giulietto Chiesa sul Fatto Quotidiano, che nota ipocrisia dominante e tante ragioni nascoste sotto il tappeto di questa guerra. Dal 2011 in poi questa terra è stata teatro di battaglie senza tregua, a partire da quando l'allora Presidente Usa Obama, con l'appoggio della Nato, con i soldi dell'Arabia Saudita, con l'aiuto di Francia ed Italia, con il sostegno di Israele, ha messo i primi 'Boots on the ground' in Siria, ritenendo suo dovere intervenire per combattere lo Stato Islamico.

Ma se lo Stato Islamico era, ed è tuttora, appoggiato e foraggiato proprio dalla Turchia, perché allora adesso ci si meraviglia se i prigionieri dell'Isis sono stati liberati dalle prigioni nel Nord della Siria dove si trovavano? Ma se l'Italia fa parte della Nato, come ne fa parte la Turchia, come può pensare di mettersi in qualche modo di traverso alle sue manovre militari? L'unica nazione che si può permettere di farlo, e lo sta facendo, è la Russia, che ha inviato i suoi mezzi militari per intralciare il cammino dell'esercito Turco. Se ci si pensa bene, si può capire perché i curdi hanno chiesto aiuto a Putin, e si può anche capire perché Trump ha ritirato i suoi soldati proprio il giorno prima dell'invasione, restando fedele alla propria linea anti-guerra e spuntando le armi di tutti quelli, a lui vicini, che la guerra invece la vogliono eccome, per potersi finalmente schierare contro la Russia, da sempre considerata una minaccia per la democrazia americana.

Di seguito il messaggio che Trump ha inviato ad Erdogan, dicendogli di "non fare lo stupido", utilizzando unicamente la minaccia delle sanzioni economiche, ma senza il minimo accenno ad un intervento militare.