Quando Costantino Nivola nel 1969 pubblicò la propria opera “La Sardegna venduta”, di certo non avrebbe immaginato che, a distanza di oltre cinquant’anni, quel poster avrebbe fatto ancora parlare di sé, diventando simbolo di una nuova lotta ambientalista, quella contro le scorie radioattive. Eppure è ciò che sta accadendo in questi giorni grazie a un post del Museo Nivola di Orani (NU), che ha generato in poche ore migliaia di like, commenti e condivisioni, accendendo il dibattito in merito al collocamento sul territorio dell’isola del nuovo deposito nazionale di scorie radioattive.

L’opera di Nivola è chiara: le coste sono vendute ai ricchi “continentali” senza scrupoli, con la popolazione locale costretta ad ammassarsi al centro dell’isola, ingabbiata in uno spazio sempre più ristretto, e riproduce con tragica chiarezza la realtà degli anni della “scoperta” dell’isola da parte degli investitori, che vedevano nelle sue spiagge gli scenari perfetti per la realizzazione paradisiaci complessi turistici, a patto di rimuovere i precedenti occupanti.

Il futuro a rischio

Oggi la Sardegna sta tentando, faticosamente, di uscire dalla retorica che la vuole solo terra da cartolina abitata dagli eredi di mitiche popolazioni gloriose, per entrare in una nuova epoca di turismo sostenibile.

Non c’è dunque da stupirsi se la popolazione si erga battagliera contro la prospettiva di dover ospitare sul proprio territorio anche il Deposito nazionale delle scorie e dei rifiuti radioattivi progettato dalla Sogin, la società statale deputata allo smantellamento degli impianti nucleari italiani e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, che ha individuato sull’isola ben 14 dei possibili 67 siti: “Ditelo alle spiagge avvelenate di Capo Teulada, alle terre di Quirra martoriate dalle bombe" provoca, con ragione, il post del Museo Nivola, facendo inoltre notare come 35.000 ettari di suolo sardo siano già sottoposti a servitù militari e 56.000 ettari di terra e mare siano stati profondamente inquinati a causa di strategie di sfruttamento selvaggio delle risorse naturali.

Quelle stesse strategie che Nivola stigmatizzava già dal 1968, scagliandosi contro le logiche economiche e politiche che erodevano pezzo a pezzo il futuro dei sardi.

'Prendere posizione per restituire pace'

"Da sempre riteniamo che il museo debba essere un'istituzione attiva e partecipe dei dibattiti culturali, sociali e politici della nostra contemporaneità” ha dichiarato Antonella Camarda, direttrice del Museo, sulla scia tracciata proprio da Nivola che fu sempre convinto sostenitore del ruolo sociale dell’artista e promotore della causa ambientalista. Per questo l’invito del Museo è quello di “prendere posizione […] per restituire pace a una terra antica, la Sardegna, che porta sulla pelle le cicatrici di un uso scellerato del suo territorio”.