È passato un anno dal primo lockdown e da lunedì ci ritroveremo di nuovo in lockdown. Un marzo che sembra, almeno a prima vista, molto simile a quello dell'anno scorso. Niente riunioni di famiglia a Pasqua e grigliate di Pasquetta. Tuttavia, la situazione è più simile a quella di Natale 2020.

Le differenze in Italia un anno dopo

C'è qualcosa che rende l'aria che si respira in Italia a marzo 2021 profondamente diversa da quella di marzo 2020.

Innanzitutto, il clima di paura generale. Indimenticabili i video della stazione di Milano Centrale presa d'assalto da persone spaventate che volevano scampare al primo lockdown.

Oggi la notizia della zona rossa nazionale viene recepita con una sensazione più riconducibile al fastidio che al panico. Anche perché è sopraggiunta una sorta di abitudine ai cambi di colore a settimane alterne.

I bollettini della Protezione civile avevano sostituito l'orario dell'aperitivo. Ci si preoccupava del poter uscire di casa per fare sport individuale. Entro la fine di marzo 2020, per le strade non c'era nessuno. Dai palazzi c'era chi metteva musica per rasserenare il morale. C'erano applausi per il personale sanitario e i bambini che mettevano i cartelloni alle finestre con scritto "Andrà tutto bene".

Non è andato tutto bene

Un sacco di cose non sono andate bene da quel marzo 2020.

Lo shock iniziale ha lasciato il posto ad una lenta realizzazione di una nuova realtà. E poi l'emergenza Coronavirus è diventata parte delle nostre vite. Nessuno si fionda più in stazione se annunciano una zona rossa. Eppure abbiamo molti più contagiati di quanti non ne avessimo a marzo 2020 (magari perché non stavamo cercando gli asintomatici, chissà).

Abbiamo sorpassato i 100mila morti. Abbiamo perso posti di lavoro, la povertà si alza rapidamente, i vaccini tardano ad arrivare e le vaccinazioni vanno a rilento. Forse non va tutto benissimo.

Eppure, dopo Natale sembrava che si fosse raggiunta la svolta. Il 28 dicembre abbiamo raggiunto il minimo di contagi giornalieri (circa 8mila) dal picco degli oltre 37mila casi di novembre.

Per poi ricominciare a salire nella fascia tra i 12 e i 20mila casi al giorno nella prima metà di gennaio. Effetto delle vacanze natalizie? Probabile. Quello che è certo è che la previsione di zona rossa nazionale e il divieto degli spostamenti interregionali, avevano una falla. La possibilità di andare a trovare in due persone alla volta, una volta al giorno, amici e parenti nel territorio regionale, è oggettivamente difficile da verificare. A meno di non ricevere segnalazioni di feste fuori controllo.

È chiaramente impossibile per due pattuglie differenti, poste in due zone della regione differente, sapere al momento dell'identificazione che le due macchine differenti che hanno fermato stanno andando nello stesso posto contemporaneamente.

Ed è impossibile per loro sapere se non ce ne siano altre (non fermate) dirette verso la stessa abitazione. Anche se i due fermati dichiarassero la loro vera destinazione, comunque si potrebbe trattare di un palazzo, di un complesso di appartamenti. È impossibile per le forze dell'ordine controllare che gli spostamenti siano tutti legittimi. Anche per una questione di risorse e inviolabilità del domicilio.

Che si fa per Pasqua

Di logica verrebbe da pensare che la deroga in questione possa aver in qualche modo contribuito all'impennata di contagi vista nella prima metà di gennaio. E a rigor di logica si potrebbe pensare che con la circolazione delle varianti, assai più facili da trasmettere del ceppo originale, questa deroga sarebbe stata cancellata.

O perlomeno ristretta ai soli spostamenti nel Comune.

E invece no. Nel testo del decreto legge approvato è stata lasciata. A Pasqua e Pasquetta ci si potrà spostare una volta al giorno, in massimo due persone (senza contare minori e disabili conviventi), all'interno dell'intero territorio regionale. Mentre la zona arancione prevede spostamenti solo all'interno del proprio Comune.