La rivoluzione può attendere. La Superlega è durata appena due giorni. Ma non è detto che questo non possa comunque portare a un cambio radicale nel panorama del calcio europeo. Si è partiti con le rinunce ufficiali dalle sei squadre inglesi: Manchester City in primis, poi Liverpool, Arsenal, Tottenham, Manchester United e Chelsea. A ruota si sono arrese anche le tre italiane: l'Inter è stata la prima in ordine di tempo, poi il Milan e la Juventus che non hanno potuto far altro che rinunciare. Visto che ha lasciato anche l'Atletico Madrid, di fatto in questo momento resterebbero solo Barcellona e Real Madrid.

Più che Superlega un vero e proprio super flop.

Il flop della Superlega

Negli ultimi tre giorni, i telegiornali e i quotidiani non sportivi hanno aperto con la questione Superlega. Un tema che va oltre il calcio, toccando economia e politica. A questo punto sembra esser stato decisivo il duro intervento del primo ministro britannico Boris Johnson, visto che una dopo l'altra le sei squadre inglesi si sono arrese al progetto. Critiche arrivate pure dal presidente francese Emmanuel Macron, con il Paris Saint-Germain che aveva subito deciso di non accettare l'idea Superlega.

Così come il nostro premier Mario Draghi non ha potuto far altro che unirsi al parere contrario dei colleghi e di tutte le istituzioni del calcio italiano, europeo e mondiale.

Il progetto della Superlega sembrava solido.

Un'idea di calcio elitario con solo squadre dei principali campionati europei coinvolte. 12 big come soci fondatrici, più altre tre che sarebbero dovute essere fisse: Bayern Monaco, Borussia Dortmund e Psg erano le principali indiziate. Gli ultimi cinque posti sarebbero andati ad altri club per meriti sportivi non proprio chiari.

Il comunicato ufficiale della nascita della Superlega a mezzanotte non sembrava certo una grande scelta, così come tutti gli altri annunci arrivati sempre in tarda serata, se non addirittura a notte fonda. Un progetto che poteva anche stuzzicare, ma i tempi e le modalità non hanno fatto per nulla bene.

Oltre ai governi hanno fatto sentire la propria voce in maniera forte le istituzioni del calcio, come la Uefa e la Fifa. Divisi su molte cose, i due presidenti Aleksander Ceferin e Gianni Infantino questa volta hanno fatto fronte comune per bloccare sul nascere la Superlega. Le minacce di escludere i club dai propri campionati, oltre che da Champions ed Europa League, più quelle di non far disputare Mondiali ed Europei ai giocatori delle squadre partecipanti sono state un fattore importante.

Ma la parte fondamentale questa volta l'hanno fatta i tifosi, di ogni paese, di ogni squadra, per esprimere tutto il loro dissenso nei confronti di questa competizione.

Il calcio è di tutti

Una frase che sentiamo spesso e che negli ultimi anni non è stata molto rispettata: il calcio è di tutti. Si è visto con le finali di Supercoppa tra Cina e Arabia Saudita, per non parlare dei Mondiali in Qatar nell'inverno 2022. Tutte decisioni con un solo obiettivo: fare più soldi con il gioco del calcio. La Superlega poteva essere una bella occasione per vedere sempre big match, ma tutte le altre squadre non potevano di certo stare a guardare.

Se a criticare il progetto poi ci sono i tifosi di quei 12 club, allora è già tutto finito. I cartelli dei fan del Liverpool o i supporter del Chelsea che bloccano il pullman della squadra. Queste sono state le vere mosse decisive.

Dall'idea della Superlega può e deve nascere qualcosa di buono. Oltre ai tempi e ai modi sbagliati, è il momento giusto per riformare lo sport più popolare al mondo. Forse nemmeno la proposta della nuova Super Champions League a 36 squadre è la più corretta, ma magari farla ora anziché nel 2024 darebbe già una bella sterzata. La pandemia ha stravolto tutto, le risorse dei club di calcio ne hanno risentito. La Superlega sembrava un'idea per recuperare denaro, ma non si può aumentare il numero di match all'infinito. Si gioca ogni tre giorni e se la stagione dura nove mesi il tempo è quello che è. Forse la ricetta è semplice: meno partite, più spettacolo.