È trascorso poco più di un mese dall'inizio della nuova edizione del GF Vip e già si parla di possibili prolungamenti di stagione, dopo il record della scorsa edizione durata circa sei mesi. Anche se questa edizione, rispetto alle precedenti, sta mostrando degli ascolti TV più bassi sul piano Auditel.

Reality show 'in crisi'

Le ultime stagioni dei vari reality show si sono chiuse con un po’ di amaro in bocca, con la sensazione di incompiuto, come di fronte a un film senza una trama, con tante comparse e qualche breve apparizione del protagonista.

Sono ormai diverse edizioni dei vari reality in cui non riescono a fare il botto, a trovare né creare dinamiche appassionanti, personaggi pronti a raccontarsi, a mostrare la loro personalità e questo si traduce in noia del pubblico, rimangono incollati alla tv solo i fedelissimi che hanno il loro beniamino come concorrente (Monte, De Lellis, ecc.), il grande pubblico non entra mai in empatia con i Vip, non piange per le loro fragilità o ride delle loro gioie, semplicemente perché dal divano di casa si percepisce la freddezza della reazione del concorrente stesso.

Un segnale lampante è dato dagli ascolti, che si attestano sempre su percentuali che non regalano più le grandi soddisfazioni di un tempo, ma se anche la concorrenza fa flop, neanche grosse delusioni.

Il genere Reality ha uno zoccolo duro di appassionati che non si perdono una puntata e la parte variabile formata da persone che li usano come paracadute, “se non c’è niente di meglio lo guardo”. Ma la colpa è tutta della costruzione dei programmi? Forse, o solo in parte.

Il ruolo dei social

Un fenomeno, ormai non più molto nuovo, che potrebbe essere stato sottovalutato è Instagram, con le sue stories.

Nato per gli appassionati di fotografia, poi si è trasformato in trampolino di lancio per i blogger di qualsiasi genere e oggi è diventato, proprio attraverso le stories, un reality costante. Un utente qualunque può seguire tutti i personaggi che ama o odia, le pagine delle serie tv, dei film, gli sportivi, vedere le loro “storie” e soddisfare solo con il cellulare la curiosità di vedere quello o l’altro personaggio nella quotidianità di tutti i giorni, fuori dalla sua attività lavorativa pubblica.

Sul social è lo stesso “vip” che decide cosa vuole far vedere di se stesso, quanto oltre vuole andare nel raccontarsi al pubblico; ed è proprio questo lo scatto che i reality forse non sono riusciti a fare, a dare la sensazione che quello che si può arrivare a conoscere dalla tv sia “di più” rispetto al social.

Ormai la tv è invasa da servizi nei telegiornali, programmi pomeridiani, che pescano notizie e storie proprio dai social, storie di persone comuni e non, notizie che diventano "virali" e vengono portate in tv per darle come novità al pubblico che meno frequenta il web. E gli stessi reality negli ultimi anni danno in parte la stessa sensazione.

Vanno meglio i programmi basati su interviste

Se da un lato ci sono programmi che sono in declino, dall’altro ci sono programmi che spiccano il volo. Ad esempio trasmissioni apparentemente semplici come Verissimo, L’Intervista, Domenica In, improntate principalmente sull’intervista che il conduttore fa all’ospite, la chiave del loro successo è proprio aver fatto quel passo in più, quello scatto che dice allo spettatore: “Stai incollato alla tv perché quello che vedrai oggi non potrai vederlo da nessun’altra parte”. Sicuramente il merito è anche del conduttore e degli autori, ma a prescindere dai vari format che si scelgono per formulare le domande è il soddisfare la curiosità dello spettatore la chiave del successo.

Il conduttore spesso si trasforma in spettatore, pone le domande che avremmo posto da casa, stuzzica su argomenti di gossip, o rumors, o anticipazioni su nuovi progetti, fa esporre il personaggio su argomenti ed emozioni che non avrebbe mai esternato spontaneamente in una storia su Instagram.

In conclusione, per rispondere alla domanda, la "colpa" è in parte dei programmi che non sono riusciti finora a offrire qualcosa di più di quanto già si ha disposizione, in parte della scarsa volontà degli autori o delle emittenti stesse di rischiare con qualcosa di nuovo e inesplorato, preferendo perseverare con format nati in un tempo in cui nelle case c’era appena un cellulare per tutta la famiglia.