È attualmente in corso una raccolta firme digitale a livello europeo affinché venga indetto un referendum sull’erogazione di un reddito di base universale e incondizionato: la scadenza è fissata al 25 giugno 2022.

Affinché la proposta venga accolta, è necessario raggiungere determinate soglie, differenti per ciascun paese a seconda del numero di Membri propri presso il Parlamento Europeo. Finora solo due paesi sui sette richiesti sono riusciti a farlo (Slovenia e Italia); inoltre, è fondamentale che il totale dei votanti nell’Unione Europea nel complesso raggiunga il milione.

Reddito di base: principali caratteristiche

  • A differenza di altri strumenti, quest’ultimo è totalmente indipendente dalle condizioni reddituali proprie del nucleo familiare. Non serve l’ISEE e non serve neppure dichiarare i redditi per ottenerlo.
  • Sarebbe versato direttamente dallo Stato / Comunità Europea,
  • a tutti i suoi membri (equiparato quindi a un diritto umano basilare),
  • su base individuale (non solo al capostipite della famiglia) e
  • senza richiedere alcuna controprestazione lavorativa.

Perplessità e pregi a confronto

Molti economisti e divulgatori sono scettici nei confronti di questa misura. Il dibattito internazionale si può riassumere nei seguenti punti.

  • Perché andrebbe dato anche ai ricchi e super ricchi?

Imporre dei requisiti minimi vorrebbe dire disporre di una catena di controllo costituita da uffici, personale e strumenti; non solo, coloro che ne avrebbero davvero bisogno dovrebbero confessarlo alla società e ricadrebbero quindi in una possibile condizione limitativa di vergogna sociale.

Inoltre, nel nostro sistema, già esistono sussidi validi per un’ampia platea di individui. Una fetta rilevante di queste persone però, non ricevendo una diretta erogazione da parte dello Stato, non ne percepisce affatto di sussidi, pur soddisfacendo i requisiti richiesti. Per contrastare l’aumento di ricchezza dei ricchi, si potrebbe intervenire a livello fiscale, tassando i redditi in proporzione all’aumentare del patrimonio, in modo che il saldo finale della transazione risulti in negativo e non in positivo.

  • Stimolo alla pigrizia

La prestazione varia da paese a paese ma dovrebbe essere almeno pari al 60% del reddito medio. In Italia si parlerebbe quindi di 600 euro circa al mese. L’obiettivo presunto è di contrastare come minimo la soglia di povertà. Tale valore è però troppo basso per garantire a lungo termine un’esistenza del tutto epurata da qualsiasi attività lavorativa.

Al contrario quindi, questo strumento non andrebbe percepito come un “reddito ai fannulloni”, bensì come una sicurezza in tasca per spronare il mercato del lavoro e renderlo più equo. Con un minimo di reddito infatti, le persone potrebbero sentirsi più a loro agio nella lotta contro le ingiustizie e lo sfruttamento. La nostra è una “società fondata sul lavoro”, ma il ruolo e l’utilità dell’homo technologicus nella società odierna si sono sviluppate enormemente.

Il solo fatto di possedere uno smartphone rende ciascuno un "prodotto sociali di valore". È immensa la quantità di dati che ognuno fornisce (gratis) semplicemente spostandosi lungo il territorio con un cellulare in tasca: dati di posizione relativi a luoghi di pubblico interesse; conseguenti informazioni su gusti e preferenze; conseguente aggregazione e profilazione di identità da parte dell’industria la quale rivenderà tali informazioni agli inserzionisti, capaci di rifilarci pubblicità finemente personalizzate.

Oggigiorno ogni persona genera quindi di fatto una sorta di "utile" nella società anche quando non lavora. In questo senso, infatti, alcuni assimilano il reddito di base a un data dividend, un dividendo quindi erogabile per il profitto inconsciamente prodotto.

  • Da dove arrivano i soldi?

Si stima che l’1% della popolazione planetaria detenga più del doppio della ricchezza mondiale detenuta da tutti gli altri. L’economia è in grado di sostenere una redistribuzione più equa del reddito, senza rilevanti ripercussioni su determinate fasce di popolazione: questo è quanto alcuni studi in giro per il mondo stanno riuscendo a dimostrare.

  • Aumenta il reddito, aumenta l’inflazione

Questo fenomeno di causa-effetto è valido solo se tutte le altre condizioni economiche rimangono invariate.

Un intervento economico di questo genere però impatterà sicuramente anche su altri aspetti. Alcuni sostengono che un aumento di reddito permetterebbe uno sviluppo della tecnologia e questo stesso sviluppo potrebbe ridurre i costi di produzione e generare quindi non inflazione bensì deflazione.

  • Quali sono quindi i suoi obiettivi?

Riduzione delle disuguaglianze sociali, permettendo a chiunque di affrontare alcune spese minime essenziali (es. nutrimento, scuola). Inoltre, nei prossimi anni ci potrebbe essere un drastico calo del livello occupazionale: la tecnologia sostituirà sempre di più le persone. In questo caso il reddito costituirebbe un sussidio utile per molti.

Esperimenti in corso

Nel mondo esistono parecchi esempi di applicazione del reddito di base universale.

  • Alaska

In questo Paese è stato istituito un Fondo Permanente di proprietà statale il quale raccoglie gli utili generati dal business del petrolio e li redistribuisce alla popolazione sotto forma di reddito di base. La misura ha spronato le famiglie a generare più figli. Molti intervistati raccontavano di essere riusciti ad avviare un’attività e, ancora, di aver risparmiato una cifra consistente per finanziare gli studi dei figli.

  • India

In India un progetto è stato avviato in alcuni villaggi rurali del Madhya Pradesh, dove nel 2012 tutti gli abitanti hanno ricevuto un “assegno” mensile di 200 rupie e 100 per i bambini, senza alcuna condizione.

  • Finlandia

Per due anni dal 2017 sono stati versati 560 euro al mese circa a duemila persone scelte tra le 175mila che all'epoca beneficiavano di sussidi statali.

  • Nuova Zelanda

Qui più che di reddito di base si parla di reddito minimo: previsto per una soglia minima di 20 dollari all’ora, tra i più alti al mondo.

Gli obiettivi Onu da raggiungere entro il 2030

Le Nazioni Unite prevedono un’agenda di diciassette obiettivi da raggiungere entro il 2030; tra questi se ne annoverano in particolare quattro strettamente connessi al tema quali:

  1. Sconfiggere la povertà;
  2. Sconfiggere la fame;
  3. Lavoro dignitoso e crescita economica;
  4. Riduzione delle disuguaglianze.

A catena, si potrebbero aggiungere anche salute, benessere e istruzione di qualità, strettamente correlate all’aumento del reddito. Non è semplice prevedere le ripercussioni economiche a lungo termine. Tuttavia, gli esperimenti di questi anni, seppur limitati in termini di spazio-tempo, riescono comunque a rivelare possibili scenari a breve (un anno) ed anche a medio termine (un quinquennio).