"È stato come un film, a tratti horror, ma con un lieto fine", questo il fulcro della disavventura che ha colpito la cittadina palermitana Giusina Perna, sua mamma Carmela e sua figlia Zaira, che hanno contratto negli scorsi mesi il Covid-19 e hanno voluto condividere la loro testimonianza a Blasting News, affinché possa essere sia un monito che un supporto a chi si trova o potrà trovarsi nella medesima situazione.

Il racconto di un film a lieto fine

"Fin dal primo giorno che ho scoperto di essere positiva, ho subito deciso di renderlo pubblico e di raccontarlo - scrive Giusina - un po' come un diario di bordo".

"Non sappiamo come lo abbiamo preso - prosegue la lettera - siamo sempre state molto attente, però è accaduto. La sera prima di fare il tampone, era giovedì 18 marzo, mi accorsi di avere un po di febbre (37,5) ma in realtà, per me che ho il morbo di Crohn, questo era abbastanza nella norma. Nel frattempo c'era mia madre che era da qualche giorno un po' raffreddata e con qualche colpetto di tosse".

"Ho deciso di indagare meglio - prosegue - e mi recai subito in un laboratorio di analisi vicino casa mia per effettuare il tampone rapido. Esito? Signora mi spiace ma lei è positiva e con un alta carica virale, stiamo provvedendo a fare la denuncia all'Asp ma lei deve comunque chiamare il suo medico curante che farà la registrazione all'Usca".

"Mi è crollato il mondo addosso - continua la lettera - e sono stata pervasa da paura, dispiacere, dubbio di aver potuto contagiare qualcuno a mia insaputa e il terrore al pensiero che anche mia madre fosse positiva, mentre lei stessa mi dava coraggio e mi diceva che non mi avrebbe lasciata sola".

"Mia figlia è risultata poi negativa e abbiamo decisa di farla allontanare da casa in quarantena preventiva da sola.

Ho chiamato il medico che ha richiamato dopo un po' di tempo, dicendomi di cominciare subito la cura, senza chiedermi che sintomi avessi (3 giorni di antibiotico, 10 giorni di cortisone, 6 giorni di clexane e antifiammatorio), dicendomi che avendo già chiuso lo studio e non avendo il pc a casa, la registrazione all'Usca l'avrebbe fatta lunedì mattina".

"Invece non è andata così, perché l'Usca è intervenuta circa due giorni dopo la registrazione del medico. Il giorno dopo il mio tampone, mia mamma si è svegliata anche lei con la febbre, stesso mio iter da parte del medico. Nei giorni a seguire, la febbre è continuata a persistere con altri sintomi gastrici più intensi e saturazione oscillante per mia madre".

"Dopo la mia ennesima telefonata al mio medico di base, siamo state registrate, anzi, solo io sono stata registrata, perché mia madre non avendo fatto un tampone e non avendo ancora certezza della positività, non è stata registrata. Al telefono mi avevano fatto delle domande, chiedendomi che sintomi avessi, facendo presente che a casa con me ci fosse mia madre.

Mi dissero che, in caso di peggioramento di mia madre, avrei dovuto chiamare il mio medico o il 118".

"Su suggerimento di mia zia, ho chiamato il suo medico curante spiegandogli cosa stesse accadendo e finalmente, sono riuscita a far visitare mia madre dopo due giorni di attesa. A causa della saturazione troppo bassa, mia madre è stata portata d'urgenza in ospedale con il 118: ebbi paura e piansi vedendola portare via".

"Iniziarono i prelievi - incalza la lettera - la visita, l'ennesimo tampone e la tac: il risultato è stata una polmonite da Covid che prendeva il 25% dei polmoni. È stata la notte lì e, la mattina dopo, trasferita in un altro ospedale cittadino, nel reparto Mallattie Infettive.

Nella stessa giornata, mia figlia mi ha avvertito di non sentire più i sapori e gli odori e dopo 10 giorni si recò nuovamente a fare il tampone e questa volta risultò positiva, tornando a casa da me insieme al nostro cane".

"Una sera ho avuto anche io un collasso e credo di aver perso i sensi, perché mi sono svegliata a terra nell'ingresso, confusa, con la testa che mi girava e ho pensato che, pur volendo, nessuno avrebbe potuto aiutarmi. Pochi giorni dopo, ho iniziato ad avere episodi improvvisi di tachicardia, con frequenza cardiaca superiore a 140, sentendomi dire dall'Usca che si trattava solo di ansia senza che nessuno mi visitasse. Provai un senso di abbandono e solitudine".

"Mia madre è stata assistita da medici, infermieri e operatori OSS che sono stati tutti molto gentili e disponibili, l'hanno consolata, dandole coraggio e non le hanno fatto sentire in imbarazzo per la pulizia del corpo, cosa per lei importante".

"Abbiamo ricevuto notizie dai medici una sola volta al giorno, dalle 13:30 alle 14:30 e si sono dimostrati tutti molto disponibili, spiegando bene lo stato clinico e rispondendo alle nostre domande. Dopo circa una settimana - prosegue la lettera - hanno deciso di metterle il casco, la mascherina da sola non bastava più. Mi raccontò che piangeva per la paura, non lo voleva mettere. A quel punto il medico e due infermieri si sedettero sul suo letto, chi le teneva la mano, chi le accarezzava la testa e chi le spiegava con garbo e dolcezza che metterlo l'avrebbe aiutata a guarire prima, così riuscirono a tranquillizzarla".

"Nei giorni con il casco (che lei chiamò "palloncino"), è stata nutrita solo tramite flebo e quando riuscivamo a fare la videochiamata, vedevamo i suoi capelli muoversi e sentivamo il rumore ovattato del getto d'aria all'interno del casco.

Brutta esperienza che, però, le ha salvato la vita".

"Dopo 6 giorni, ha raggiunto buoni risultati e piano, piano, è riuscita a migliorare sempre di più e a ristabilirsi definitivamente. Dopo qualche giorno, anche mia figlia ed io risultammo negative dopo esattamente 40 giorni dall'inizio dell'incubo".

"Vorrei testimoniare alcuni dei pochi aspetti positivi della quarantena. Ad esempio, il supporto degli psicologi Usca, che chiamarono ogni tre giorni circa, degli assistenti sociali dell'Asp che cercarono di risolvere anche i più piccoli problemi e alcune esigenze come mettere in contatto con un idraulico attrezzato per le riparazioni domestiche. Così come i volontari del CISOM, unità cinofila di Palermo, che si offrono di portare i nostri cani fuori a fare i bisognini.

Si attivano entro le 36 ore dalla richiesta".

"Un grande problema è stato buttare la spazzatura che non si può dare a nessuno, né la si può buttare di persona e neanche si può tenere a casa. In questi casi, su Palermo, si può chiamare un centro di smaltimento rifiuti pericolosi, assolutamente gratuito, l'U.Gri di Carini, che si attiva dopo il primo tampone fatto da Usca ed effettua, una volta a settimana, la raccolta lasciando dei cartoni appositi per quelle successive".

"Sono una volontaria dell'Associazione di volontariato 'Il Genio di Palermo' e da circa 2 mesi - ha precisato Giusina nella lettera - collaboro proprio con gli assistenti sociali dell'Asp di Palermo che ci chiamano per i casi urgenti di famiglie bisognose in quarantena per il Covid, noi gli portiamo la spesa alimentare o i farmaci a casa".

"Spero che questa mia testimonianza possa essere d'aiuto a qualcuno - conclude la lettera - questo maledetto virus è molto imprevedibile, non segue la stessa linea per tutti, ed io e la mia famiglia ne siamo l'esempio".