Il presidente del Senato, Pietro Grasso, dopo aver proceduto all'ascolto dei diversi orientamenti emersi nel Consiglio di presidenza, ha deciso che il Senato si costituirà parte civile nel processo sulla presunta "compravendita di senatori" che vede Silvio Berlusconi imputato a Napoli. Fatto risalente alla XV Legislatura, biennio 2006-2008, dove le accuse al Cavaliere sono quelle di aver pilotato la caduta del governo Prodi, sulla base delle confessioni rese ai magistrati dall'allora senatore Sergio De Gregorio.

Ne consegue il conferimento dell'incarico all'Avvocatura di Stato.

"Il presidente - si legge in una nota - ha ritenuto l'identificazione, prima da parte del Pubblico Ministero poi del Giudice, del Senato della Repubblica italiana quale 'persona offesa' di fatti asseritamente avvenuti all'interno e comunque relativi alla dignità dell'istituzione".

La decisione di Grasso

La decisione di Grasso va letteralmente nella direzione opposta al "parere consultivo" emerso nell'Ufficio di Presidenza, che con 10 voti contro 8 si era pronunciato contrario alla costituzione di parte civile.



Le ragioni che probabilmente hanno spinto il presidente del Senato ad assumersi tale responsabilità sono due: gli otto componenti favorevoli sono di Pd, M5S e Sel, ovvero forze in termini numerici più rappresentate nell'Aula di Palazzo Madama rispetto alla combinazione Forza Italia, Lega, Nuovo Centrodestra, rafforzati da Scelta Civica e Popolari per l'Italia, che ha comunque prodotto in Ufficio la maggioranza dei dieci voti.

La seconda e forse decisiva argomentazione risiede nel fatto che il "sì" è espressione di quel PD che è il principale partito su cui si regge il governo.



Grasso dovrà ora rispondere alle reazioni di Forza Italia, che dopo il parere favorevole maturato in Ufficio di Presidenza aveva inviato chiari messaggi. Il vicepresidente del Senato Gasparri aveva dichiarato: "Non potrà non tenerne conto".

Nella stessa direzione l'invito di Brunetta ad essere "super partes".

Le reazioni e i messaggi dal mondo politico

Ora Gasparri, dopo la decisione di Grasso, va all'attacco: l'aver "calpestato e ignorato" l'orientamento dell'Ufficio di Presidenza "con una scelta istituzionale scorretta e con un atteggiamento anche offensivo nei confronti di chi fa parte dell'organo di vertice del Senato" fa parte di una decisione gravissima "lesiva di regole istituzionali e rapporti politici e personali". Una scelta che - a detta dello stesso Gasparri - non potrà restare senza conseguenze. Lo stesso senatore di Forza Italia ha prontamente richiamato l'attenzione del Capo di Stato, Giorgio Napolitano, sul caso in questione.



Grasso aveva richiesto all'Ufficio di Presidenza un parere "in punta di diritto" e non politico. Il risultato finale? Esattamente l'opposto.



Va detto che a Grasso, l'associazione Libertà e Giustizia aveva lanciato un chiaro messaggio: "La seconda carica dello Stato non deluda l'attesa di chi aspetta la verità sulla tipologia moralmente più grave tra i reati di corruzione: la compravendita di parlamentari". Antonio Di Pietro, stando a quanto si legge su Repubblica, era stato ancora più diretto: "Sarebbe ancor più grave e umiliante" per le istituzioni che "il presidente del Senato, ex magistrato che ha guidato la Procura di Palermo" accettasse "supinamente" la "decisione così volgare e offensiva per le istituzioni e la giustizia" assunta in Ufficio di Presidenza.

Ora la parola passa ai giudici di Napoli.