I giudici della Corte d'Appello di Milano hanno depositato le motivazioni della sentenza che, lo scorso 18 luglio, ha visto l'assoluzione dell'imputato, l'ex premier Silvio Berlusconi, accusato di concussione e prostituzione minorile nel cosiddetto "Rubygate".Una sentenza che aveva ribaltato la decisione dei giudici di primo grado, i quali avevano invece deciso per la condanna a sette anni. Le oltre 300 pagine della sentenza scritta dal giudice relatore Concetta Locurto spiegano che l'assoluzione di Berlusconi sia dovuta al fatto che "la conoscenza della minore età" della ragazza sia "circostanza non assistita da adeguato supporto probatorio".

Ciò significa che, secondo, i giudici l'ex premier non aveva idea del fatto che la giovane fosse all'epoca dei fatti minorenne, ma, in ogni caso, "sussiste la prova certa dell'esercizio di attività prostitutiva ad Arcore in occasione delle serate in cui partecipò Karima El Mahroug", che almeno due volte si sarebbe fermata a dormire nella residenza del Cavaliere.

Dunque, le cene organizzate ad Arcore prevedevano "attività prostitutiva" con "intrattenimenti a sfondo sessuale", caratterizzati da "disponibilità a strusciamenti, palpeggiamenti" da parte delle ragazze le quali ricevevano ingenti somme di denaro contante o gioielli da parte del padrone di casa. Le pagine della sentenza, quindi, ripercorrono il "meccanismo retributivo" e la "ripetitività rituale delle serate" allietate da atti tesi a soddisfare la libidine dell'imputato e digli ospiti di sesso maschile.

A provare l'attività prostitutiva della ragazza "l'enorme ammontare di denaro ricevuto in brevissimo arco di tempo"; "l'assiduità con cui, in sì breve lasso di tempo, la giovane frequentò Arcore"; "la perfetta compatibilità tra il tipo di spettacoli e interazioni a sfondo sessuale e i costumi disinibiti e le attitudini esibizionistiche di Karima El Mahroug".

Al contrario, "in ordine al delitto di concussione (...) non vi è prova della ascrivibilità a Silvio Berlusconi di una intimidazione costrittiva" rivolta al capo di Gabinetto della Questura di Milano, Pietro Ostuni. é vero che Berlusconi chiamò Ostuni la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 per ottenere l'affidamento della marocchina, spacciandola per la nipote di Mubarak, a Nicole Minetti, allora consigliera regionale.

E' vero anche che allora l'ex premier doveva ormai essere a conoscenza della minore età di Ruby, poichè "l'imputato fu messo al corrente delle reali generalità anagrafiche di Ruby e proprio per tale (o anche per tale ragione) egli si indusse a telefonare al dottor Ostuni". Ma pare, piuttosto, che Ostuni avesse "un personale, concreto interesse a risolvere la questione", peccando "di eccessivo ossequio e precipitazione, condizionato -se non addirittura preoccupato- dalle possibili conseguenze della ventilata parentela della giovane con Mubarak", aggiungendosi a ciò il "timore referenziale" per l'interlocutore che, sempre secondo la sentenza dei giudici, "aveva un personale, concreto interesse a a risolvere la questione" affidando Ruby alla Minetti e non collocata in una comunità in quanto preoccupato dal rischio di rivelazioni compromettenti sulle serate ad Arcore, dove ella aveva assistito e partecipato ad atti sessuali retribuiti.