Resta alta la tensione sul tema del sovraffollamento carcerario e delle condizioni di disagio a cui sono sottoposti detenuti e lavoratori pubblici, che si trovano a dover prestare servizio all'interno dei penitenziari italiani. Dopo il nostro articolo di approfondimento di ieri, si deve purtroppo registrare una nuova denuncia da parte del sindacato Sappe, guidato dal Segretario Generale Donato Capece.
Capece: "non si può parlare di emergenza superata"
Secondo le parole pronunciate dal rappresentate degli agenti di polizia penitenziaria, non si può ancora "parlare di emergenza superata, visto che in Emelizi Romagna si sono contati, dal 1 gennaio al 30 giugno 2014, il suicidio di 1 detenuto, 4 dcessi per cause naturali, 478 atti di autolesionismo, 52 suicidi, 209 collutazioni e 74 ferimenti".
Numeri che fanno impallidire e che mettono in evidenza la drammaticità delle condizioni di vita e di lavoro presenti all'interno degli istituti di sicurezza romagnoli. Non va meglio il resto del Bel Paese, quando si analizzano i dati su scala nazionale. In questo senso, Capece sottolinea ancora una volta il ruolo di tutela e salvaguardia svolto nel tempo dai propri iscritti, che grazie alla propria capacità di reazione e intervento verso le situazioni di emergenza sono riusciti a salvare molte vite e a contenere le conseguenze degli atti di violenza compiuti dai detenuti, spesso a causa del clima di esasperazione, rivolti verso se stessi e gli altri.
Amnistia e indulto: necessario migliorare le condizioni di detenzione e alleggerire il sovraffollamento
Sugli aspetti appena sottolineati, le analisi derivanti dalla società civile e anche dalle istituzioni negli ultimi mesi si sono sprecate.
Ricordiamo, a titolo di esempio, le condizioni di emergenza sanitaria denunciate dalla Società italiana di medicina penitenziaria. Si parla di livelli anomali (rispetto a quelli statisticamente presenti nella popolazione italiana) di Aids, HCV, TBC e addirittura di epatite. La metà dei detenuti rischia infatti di contrarre l'epatite B a causa delle condizioni tutt'ora esistenti.
È chiaro ormai a molti che per risolvere una simile situazione sia necessario pensare ad un provvedimento generalizzato di amnistia o indulto, anche perché la causa di tutto questo sarebbe imputabile proprio alla direzione intrapresa negli scorsi anni dalla politica, mirante al giustizialismo e alla penalizzazione di condotte devianti non gravi, che andrebbero al contrario recuperate attraverso l'impegno sociale delle istituzioni e delle associazioni civili.
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