È di ieri pomeriggio il video del premier Renzi, annunciante un necessario incontro per discutere delle modifiche da apportare al codice penale in seguito alla vicenda Mafia Capitale. Quattro le riforme anti corruzione che verranno discusse giovedì mattina al consiglio dei ministri, riforme che riguarderanno l'aumento del minimo detentivo da quattro a sei anni, l'incremento del periodo prescrizionale, la semplificazione del procedimento di confisca e infine la restituzione del "maltolto fino all'ultimo centesimo".
Il premier dichiara l'impossibilità di accettare l'attuale, pressoché assente, detenzione per i crimini legati alla corruzione, solo 257 su 50 mila detenuti con sentenza passata in giudicato, affermando la necessità di passare dalla semplice "indignazione ad ore" a provvedimenti reali.
"Io - dice Renzi - ho un impegno: fare di tutto perché finalmente in Italia chi ruba paghi fino all'ultimo centesimo, fino all'ultimo giorno». Paragonando la facilità con cui l'impunità si manifesti ai corruttori, e non solo, mediante patteggiamenti al ritrovamento delle carte da Monopoli, il premier dice basta, "non siamo tutti uguali - aggiungendo -siamo quelli che hanno commissariato il Mose, che hanno sbloccato l'Autorità Anticorruzione, nominando Raffaele Cantone, che hanno introdotto il reato di autoriciclaggio. E adesso siamo quelli che annunciano le pene. Perché chi ha sbagliato paghi davvero".
Il vento, secondo Renzi, sembrerebbe cambiato, ma le ovvie perplessità sulla possibilità che simili proposte divengano concrete permangono e riportano l'eco delle trascorse ammonizioni d'oltralpe.
Risale infatti a domenica scorsa l'intervista della cancelliera Merkel al giornale Die Welt che, affiancandosi alle bacchettate Ue, dichiara insufficienti le riforme italiane e francesi. Intervista a cui ha risposto il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gozi invitando a trattare non più di pagelle quanto di politica.
E se forse le annotazioni tedesche subiranno distrazioni in virtù delle dichiarazioni odierne, il rumore intorno al ministro Poletti permane, tanto da spingerlo a ribadire a "Porta a Porta" la sua estraneità ai fatti, marcando le ansie e insonnie comportate dalla diffusione della compromettente foto che lo ritrae a fianco degli artefici dello scandalo capitolino, e il suo impegno ad evitare insane strumentalizzazioni.