Nonostante al Campidoglio tutti neghino l'esistenza di una diarchia, sembra proprio che le cose stiano in questo modo. In linea teorica sarebbe anche così, visto che il prefetto Gabrielli manterrà i poteri previsti dalla legge sui prefetti e si muoverà nell'ambito normativo dello statuto stabilita dal Dpr 180 del 2006. Quello che è certo è che questa prassi è fuori dall'ordinario. Per la prefettura non è né un commissariamento né un accesso agli atti. Il quadro d'insieme definito dall'Interno e da palazzo Chigi è una pianificazione di interventi 'nel quadro della leale collaborazione istituzionale', tra il prefetto e il sindaco di Roma.

Insomma, per alcune materie prima era possibile bypassare il prefetto: ora non più. Gli ambiti d'azione su cui Gabrielli ha pieno potere sono: gli atti di indirizzo e controllo nei settori fortemente a rischio come verde pubblico e ambiente, rom, immigrazione, emergenza abitativa; i regolamenti sull'affidamento valori, la revoca delle commesse assegnate senza gara, il monitoraggio sulla centrale unica degli acquisti, l'annullamento delle decisioni dirigenziali contestate, l'integrazione dei controlli interni, la verifica e la revisione dei contratti. Il collegamento fra le parti sarà l'assessore alla legalità Alfonso Sabella.

'Una continuità con l'iniziativa di risanamento già avviata', dice il vicesindaco Marco Causi.

'Con i provvedimenti adottati - continua il vicesindaco - il governo ha posto così le basi per un forte e vigoroso rilancio dell'azione amministrativa a vantaggio della città di Roma e dell'Intero Paese di cui Roma è Capitale', che si concretizza 'in primo luogo con l'importante pacchetto di provvedimenti amministrativi in materia di realizzazione del piano organico di interventi per il Giubileo'.

Si fa fatica a comprendere il perché di questo affiancamento. Probabilmente si vuol salvare Roma dall'onta di essere commissariata per mafia. Non si capisce neanche quanto un affiancamento di un prefetto possa risollevare le sorti di una città (come tutto il Paese del resto), che ha radici profonde nel malaffare. Per togliere dalla mentalità delle persone la cultura mafiosa e implementare una cultura civile ci vogliono generazioni. E, oltre al tempo, soldi per la ricerca e l'istruzione. Non mi pare che questo Paese vada in questa direzione.