E' da giorni ormai che migliaia di profughi si stanno ammassando tra il confine di Grecia e Macedonia. Ieri, nonostante la polizia macedone cercasse di impedire il passaggio della frontiera con bombe assordanti, circa 2.000 profughi (per lo più siriani), sono riusciti a oltrepassare il confine. La maggior parte dei migranti si è diretta verso la stazione di Gevgelija. 'In questa Europa - dichiara una donna siriana intervistata - gli animali dormono in letti e noi da quattro giorni siamo sotto la pioggia con niente da mangiare'. Venerdì le autorità macedoni avevano annunciato l'ingresso nel Paese di 300 rifugiati ogni due ore, per un totale di 3.000 persone.

Le cose però sono andate diversamente con lo sfondamento del cordone di sicurezza. Il portavoce della polizia Macedone, Ivo Kotevski, ha affermato che le forze dell'ordine non intendono usare la forza contro i profughi ma solo controllare i flussi di accesso.

Il governo della Macedonia ha messo in funzione cinque treni al giorno, con capacità fino a 700 persone, che hanno l'obiettivo di trasportare i migranti fino alle frontiere con la Serbia. I rifugiati, così, sperano di arrivare in Serbia per poi entrare in Ungheria, Paese dell'Ue e dell'area Schenghen. E da lì andare verso il Nord Europa. Secondo i dati ufficiali sono oltre 40.000 le persone giunte in Macedonia tramite la Grecia. Causando attriti tra i due Paesi europei confinanti.

La Macedonia chiede anche più aiuti all'Europa. 'I migranti che entrano dalla Grecia sono passati da 500 a 3.000 al giorno - ha detto il ministro degli Esteri Nikola Popovski - e, nella pratica, non riceviamo alcun aiuto da parte di Bruxelles. A un piccolo Paese come il nostro è addossato tutto il peso di questa situazione'.

Una situazione tragica che vede coinvolti in maggior misura (ma non solo) i Paesi europei vicini all'area medio-orientale. Un'area instabile, quella medio-orientale, particolarmente dopo le Primavere arabe. Ma non solo. I profughi provengono anche da aree a forte intensità demografica. Nel 1972 uscì un libro dal titolo 'I limiti dello sviluppo'.

Questo libro (profetico sotto molti punti di vista e in particolare per ciò che ha riguardato la crisi petrolifera del 1973), sosteneva che se la linea di crescita sarebbe continuata inalterata in cinque settori fondamentali come la popolazione, l'industrializzazione, l'inquinamento, la produzione di alimenti e il consumo delle risorse naturali, l'umanità sarebbe stata destinata a raggiungere i limiti naturali della crescita entro i successivi cento anni. Nel 2015, niente sembra essere cambiato. Le spinte demografiche a cui l'Europa è sottoposta ne sono un lampante esempio.