Il summit di Bratislava dello scorso 16 settembre, che aveva lo scopo di discutere del futuro del continente, si è risolto in una vetrina allestita per dare ai suoi cittadini, e al mondo intero, l'idea di un'Europa unita, nonostante la defezione della Gran Bretagna, e di cercare soluzioni per arginare lo spostamento degli Stati verso i partiti di spirito nazionalista.
L'ostentazione di unità e forza, le contestazioni degli Stati di Visegrad
A movimentare il Vertice, e ad offuscare il quadretto della famiglia perfetta, ci hanno pensato i Paesi del Gruppo di Visegrad, (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia), che, guidati da Viktor Orban, hanno contestato le linee guida della UE in fatto di politiche sull'immigrazione.
La critica, in particolare, ha riguardato le dispotiche e arroganti direttive del Parlamento che impone ad ogni Stato il numero di clandestini da ospitare. Il Gruppo, di fatto, ha messo in discussione il ruolo della Commissione UE, avanzando la richiesta di un maggior potere decisionale dei singoli Stati membri. Pur mostrandosi, inoltre, favorevole alla scelta della cooperazione con la Turchia e alla necessità di difendere i confini esterni, ha insistito sul sistema delle quote obbligatorie per un'equa distribuzione dei migranti.
La dichiarazione conclusiva, soluzioni mirate a contrastare il Nazionalismo, timore che surclassa anche il bene comune
La dichiarazione conclusiva dei lavori di Bratislava è un documento di 6 paginette, asettico, distaccato e lontano dai reali problemi della comunità, presentato come "il principio di un percorso" che terminerà la sua prima fase a Roma, nel Marzo del 2017, in seguito ad un altro incontro previsto a Malta.
Nel documento risulta chiaro che l'attenzione dei governanti europei è concentrata non sulla soluzione dei problemi in sé, ma in funzione del timore dell'avanzata delle forze nazionaliste che mettono a rischio l'affermazione del loro progetto: quello di un'Europa Unita, democraticamente socialista e cosmopolita. Lo si può dedurre da alcuni passi dove il concetto di coesione è prevalente, nonostante le rimostranze di interi Paesi.
Nel documento, infatti, non esiste né traccia della sovranità dei cittadini, né del rafforzamento democratico degli Stati membri, né della revisione delle quote migranti, come da richiesta del blocco Visegrad. Ciò è esplicitato in un breve periodo: "....concentrarci sulle aspettative dei cittadini, mettendo in discussione con grande coraggio le soluzioni semplicistiche proposte da forze politiche estremiste e populiste".
Governanti interessati solo al successo di un progetto fin troppo "soggettivo" per il ruolo che assolvono
Per i cittadini Europei, quindi, solo una dimostrazione di unità, in previsione delle prossime elezioni francesi e tedesche, ma anche austriache e del referendum italiano. La dichiarazione, in definitiva, attesta la supremazia del Consiglio dell'UE, con una manifesta, anche se impalpabile, arroganza cieca. "Per quanto un Paese abbia deciso di lasciare, l'UE resta indispensabile per tutti gli altri. Dopo le guerre e le profonde divisioni che hanno dilaniato il nostro continente, l'UE ha garantito pace e democrazia e ha consentito ai nostri paesi di prosperare.....Siamo decisi ad assicurare il successo dell'UE a 27, sulla base di questa storia comune..." Peccato che oggi in Europa viga l'unicità del pensiero, che la miseria sia in netta crescita, così come il disordine.
L'Europa è al bivio
Sebbene l'asse franco-tedesco ne sia uscito rafforzato, difficilmente l'UE riuscirà, partendo da questi presupposti, a risollevare il continente dalla crisi sociale ed economica nella quale è stato spinto proprio da chi, oggi, è alla ricerca di soluzioni.Ciò, perlomeno, sarà impossibile prima del 2017, che segna la data delle elezioni tedesche, a meno che, nel frattempo, non si aggiungano defezioni di altri Stati e proteste popolari......pardon, populiste!