In questi ultimi giorni è impossibile riflettere sulla politica internazionale senza tornare col pensiero alla politica americana e al dibattito che ha coinvolto i cittadini e scosso gli animi di tutto il mondo: Trump o Clinton? Conservatorismo o liberalità? L’uomo apertamente sessista o la donna al centro di chissà quali complotti? Le caratteristiche, la storia e le dichiarazioni di questi personaggi politici accendono i riflettori sugli USA, ma dibattiti simili a quelli che abbiamo visto sui vari canali americani li ritroviamo ogni giorno in ogni Paese occidentale.

Provoca un terribile amaro in bocca sentire che la maggior parte degli americani non sa chi votare o voterà “il male minore”, che ormai sembra essere il motto anche di molti elettori europei. Cercare la causa di questo fenomeno è difficile: è cambiata la politica o sono cambiati gli elettori?

Le ragioni alla base dell'espressione del voto nei Paesi occidentali

Il susseguirsi di Carte e Trattati ha permesso alle popolazioni occidentali di vivere in un mondo nuovo rispetto a quello delle generazioni passate, con un’istruzione laica e un’educazione improntata su principi di liberalità, uguaglianza, libertà e tutela dei diritti. In un clima che cerca il contatto tra le nazioni e la protezione delle idee di ciascuno è più facile aprire la mente e elaborare le notizie in base alle proprie conoscenze e a ciò che si avverte come “giusto”, tanto sotto il punto di vista etico quanto sotto quello economico.

Tuttavia, non tutti gli elettori compiono lo sforzo intellettuale di informarsi sulle dinamiche che muovono la politica del proprio Paese e purtroppo sono ancora numerosi i cittadini che preferiscono ignorare la dimensione nazionale e internazionale che la politica ha assunto, esprimendo un voto solo in funzione delle ripercussioni all’interno della realtà in cui vivono.

È anche il caso di Brexit, dove vediamo il voto favorevole all’uscita dall’Unione Europea concentrato in aree prevalentemente rurali e in fasce d’età elevate. Queste sono le motivazioni che conducono a una politica impoverita, dove i candidati di turno tentano di fare leva su ciò che fa più gola alle categorie locali di elettori.

Una politica sempre più incentrata su attacchi personali

I botta e risposta tra il candidato Donald Trump e la candidata Hillary Clinton rappresentano solo l’emblema di ciò che già vediamo ogni giorno sui nostri giornali e sui nostri schermi: una lotta a colpi di bile e riferimenti a eventi passati che incentra il dibattito, più che sul programma politico, sulle qualità ed esperienze personali dell’avversario, argomento ben più comprensibile per gli elettori medi rispetto a complessi discorsi sui reali bisogni del Paese. Lo ha ampiamente dimostrato l'ultimo dibattito tra i due candidati alla Casa Bianca tenutosi a Las Vegas la sera del 19 ottobre: Trump parla già di elezioni truccate e dichiara di non essere sicuro se accetterà o meno il risultato degli exit poll, accusando i media che sostengono Hillary di essere "disonesti e corrotti"; la Clinton definisce il suo avversario"il candidato più pericoloso della nostra storia" e lo accusa di voler essere il "burattino di Putin", ricordandogli che mentre lei si adoperava per il rinforzo delle misure antiterroristiche lui partecipava ad un reality show.

Ha stupito, nonostante la discussione animata, l'assenza della consueta stretta di mano alla fine.In conclusione, qualunque sarà il risultato di queste elezioni sarà inevitabile provare la sensazione che manchi qualcosa: il rispetto reciproco, la correttezza nella discussione, il "fair play" che un ambito delicato come quello della politica richiederebbe.

Il video completo del terzo dibattito (19 ottobre, Las Vegas)