Luciano D’Alfonso come Vincenzo De Luca. Anche se, a differenza del collega campano, al momento non si trova sul web l’audio delle parole pronunciate domenica scorsa a Pescara dal presidente della Regione Abruzzo, il sospetto di una sorta di ‘voto di scambio’ ai limiti della legalità nel referendum del prossimo 4 dicembre resta forte. La denuncia, per il momento solo verbale, l’hanno avanzata i locali esponenti di Rifondazione Comunista dopo che, domenica scorsa 27 novembre, D’Alfonso ha arringato nella città di D’Annunzio un centinaio di sindaci regionali.
“Ci saranno 300 milioni destinati ai nuovi investimenti - avrebbe promesso il governatore in quota Pd da poco convertito al renzismo - però c’è bisogno che Renzi rimanga lì”. Parole che potrebbero “condizionare l’orientamento dei sindaci”, commenta Maurizio Acerbo del Prc.
D’Alfonso vuole vedere “scatenati” i sindaci e le loro mogli
“Vi chiedo di scatenarvi da oggi al 4 dicembre. Rendete questi 7 giorni importanti perché potete fare miracoli”. Con queste parole Luciano D’Alfonso arringava la mini folla di sindaci Dem riuniti domenica scorsa a Pescara (dove il 2 dicembre chiuderà la campagna per il Si insieme al ministro Carlo Calenda). “E fate scatenare anche le vostre mogli - aggiungeva - che sono brave nella mobilitazione” perché “dobbiamo fare come Renzi” che è in campagna elettorale “ogni minuto della sua vita”.
Lo stesso D’Alfonso confermava ai cronisti presenti di guardare come modello al chiacchierato Vincenzo De Luca che “ha un’energia che io invidio e che ogni mattina cerco di replicare”.
E, infatti, subito dopo, prometteva che “ci saranno 300 milioni di euro destinati ai nuovi investimenti”, per l’agricoltura, per il piano di sviluppo urbano, per le Ferrovie Sud Est e per la Gestione forestale, ma ad una condizione: “Che Renzi rimanga lì (a Palazzo Chigi ndr)”.
D’Alfonso-De Luca si lasciava poi andare ad un paragone azzardato tra il premier di Rignano ed il suo predecessore Bettino Craxi perché, come il leader socialista, “è stato capace di pensare una grande azione riformatrice”.
Parole che hanno fatto sussultare in molti. Maurizio Acerbo, membro della segreteria nazionale di Rifondazione Comunista, accusa in pratica D’Alfonso di avere “modulato le parole in modo da non incorrere nell'accusa penale di voto di scambio” e di aver fatto “balenare centinaia di milioni di euro di fondi ancora da assegnare”. Secondo Acerbo, inoltre, si tratta della “solita politica clientelare” perché “ricordare il suo ruolo in cabina di regia, suona come un avvertimento chiaro a chi lo conosce”.