Non c’è pace per Matteo Renzi. Dopo aver perso rovinosamente il referendum costituzionale e, a cascata, anche la poltrona di Palazzo Chigi, il segretario del Pd (unica carica rimasta nelle sue mani) è costretto a subire gli attacchi dell’ala sinistra del partito. Sabato scorso aveva cominciato Massimo D’Alema, in occasione della presentazione del movimento ‘Consenso per un nuovo centrosinistra’, a minacciare la scissione se Renzi dovesse confermare l’intenzione di voler epurare dalla lista dei candidati tutti i suoi oppositori interni (bersaniani e dalemiani).
Ieri, domenica, ospite di Lucia Annunziata, il governatore della Puglia, Michele Emiliano, minacciava raccolte di firme e ricorso alle carte bollate per chiedere un immediato congresso. Oggi, intervistato da Antonello Caporale sul Fatto Quotidiano, un altro governatore, quello toscano, Enrico Rossi, anche lui come Emiliano candidato alla segreteria Pd, si scaglia contro la gestione renziana del partito al grido di “più socialismo e meno tipi alla Farinetti”. No ad elezioni anticipate e soluzione congresso anche per Rossi, insomma.
Rossi contro il modello Pd-Eataly
“Se non fa il congresso è Renzi che vuole la scissione”, sentenziava ieri con tono minaccioso Michele Emiliano. “Io non ho paura di contarmi, la cosa più impellente da fare è un congresso”, risponde oggi Rossi dalle colonne del Fatto.
Il numero uno toscano, riscopertosi improvvisamente erede del socialismo anticapitalista, ce l’ha con il modello di partito imposto dal suo conterraneo dove un “padrone della ferriera”, come il fondatore di Eataly Oscar Farinetti, allontana dal Pd “l’operaio che vuole votarci”. Il baffuto testimonial del cibo italiano nel mondo, così come Flavio Briatore, non dovrebbe nemmeno “essere annoverato tra i nostri fan”.
Anzi, questi personaggi non dovrebbero nemmeno votarlo il Pd.
Rossi se la prende con la “velocità senza costrutto e senza pensiero” messa in campo da Renzi, bollato senza pietà come un tipo “troppo pokerista, troppo pieno di convinzioni personali” che “ha compreso poco della vita e delle sue complicazioni”. Si dice sconcertato per la mancata convocazione del congresso Pd, ma sbatte la porta in faccia all’ipotesi di elezioni anticipate con “questa legge elettorale” dando ossigeno, di fatto, al boccheggiante governo Gentiloni.
La campagna elettorale è comunque già partita, perché il ‘socialista’ Rossi, custode della Regione Dem per eccellenza (una volta si sarebbe detto ‘rossa’) si trasforma in bolscevico per scagliarsi contro la ‘banca del Pd’, quel Monte dei Paschi di Siena del quale pretende “saltino fuori i nomi dei grandi debitori” per additare al pubblico ludibrio i responsabili del disastro bancario italiano. Il compagno Rossi, quindi, se la prende con questo “capitalismo degenerato” che è divenuto “preda della finanza”. Insomma, conclude, “la politica deve regolamentare il mercato, non esserne schiava”.